
Anno 2022, inizio con blog

DE-SCOLARIZZARE L’UMANO
MAESTRO GALEAZZO E I SUOI BAMBINI

Bellissimo girare in bicicletta nel centro di Milano la mattina di Capodanno con il sole e l’aria pulita. Quasi nessuno in giro e proprio nessuno in coda davanti a Palazzo Marino che ospita la sua annuale mostra di Natale. Con decisione estemporanea, lego la bici ed entro soddisfatta. Parte in quel preciso istante la visita, con una giovane guida alla testa di uno sparutissimo gruppo di visitatori. Quest’anno i quadri in mostra sono quattro, raccolti a celebrare il territorio lombardo e in particolare la scuola pittorica cinquecentesca di Bergamo e Brescia, connotata da un originalissimo senso realistico che, in una dimensione quotidiana e autentica, riesce a rinnovare anche i temi dell’iconografia religiosa. Quello che accade nella Pala Rovellio, dipinta dal Moretto nel 1539, solitamente ospitata dalla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia.
Tutti quei bambini, come sempre, attraggono la mia attenzione. Strano vederli protagonisti di un atto devozionale. Due damerini, splendidamente vestiti di broccato e carichi di doni preziosi in primo piano e due un poco più dimessi relegati, allora come ora, in secondo piano. Con loro, il vecchio caro San Nicola; davanti a loro Maria con il piccolo Gesù che, non sembrando curarsi molto dei piccoli ospiti, viene dolcemente invitato dallo sguardo e dal gesto della mamma a rivolgere loro il suo divinamente infantile sguardo. Tutto è interessante in questo dipinto e, magia della curiosità culturale e del desiderio di ascoltar, fra la breve spiegazione della guida e lo studio a casa, imparo come sempre un sacco di cose interessanti. Prima fra tutte, che San Nicola è anche patrono dei bambini e degli scolari.
Conoscevo la più nota delle leggende che lo vedono protagonista e che lo hanno lentamente trasformato da austero vecchio vescovo di Myra a bonaccione e pingue distributore di doni ai bambini. La storia racconta di un povero uomo con tre figlie da sposare, privo non solo del denaro necessario alla loro dote ma pure di quello necessario alla sopravvivenza, tanto che le tre povere ragazze sembravano inesorabilmente destinate alla prostituzione o alla vendita come schiave. Ed ecco che, a salvare la situazione, per due sere consecutive, il buon vescovo lancia attraverso la finestra una borsa piena di monete d’oro; la terza, poiché trova la finestra chiusa, cala le monete dal camino dove sono appese ad asciugare le calze che si riempiono di oro… ecco la dolce genesi dei regali e delle calze appese al camino e la simbologia delle tre palle d’oro – quelle che nel dipinto il fratellino più piccolo porta in dono, tenendole tra le mani e appoggiandole, al contempo, al petto per aiutarsi nella faticosa impresa – a identificare il generoso santo.
Non conoscevo invece altre vicende di San Nicola, legate ai più piccoli e agli scolari. La prima narra di un bambino che fa il bagno in una bella vasca messa dalla mamma sul fuoco, perché l’acqua non si raffreddi. Durante il bagnetto, suonano le campane e la madre, ricordandosi emozionata dell’insediamento del nuovo vescovo Nicola, corre in chiesa piantando a mollo il figlioletto. Ricordatasi improvvisamente della cosa, si precipita a casa disperata e trova il bambino che gioca gaio nella vaschetta del bagno: Nicola lo ha prontamente salvato, interrompendo il bollore dell’acqua.
La seconda leggenda narra di tre studenti che, rifugiatisi in una locanda, vengono fatti a pezzi dal trucido oste e messi a bollire in salamoia; qualche tempo dopo, Nicola sostando alla locanda vede in sogno l’accaduto e, colto da pietà, resuscita i ragazzi e li riconsegna ai genitori e alla scuola. La leggenda esiste nella variante oste o macellaio che fa a pezzi i bambini per rivenderli al suo bancone; comunque sia, questo miracolo istituisce un’altra importante simbologia da cui è facilmente riconoscibile il santo: un vecchio circondato da bambini.
La seconda cosa che imparo viene dalla singolare dedica del quadro: Virgini deiparae et divo Nicolao Galeatius Rovellus ac discipuli d.d. MDXXXIX, tradotto: “Alla Vergine madre di Dio e a san Nicola, Galeazzo Rovelli e discepoli dedicarono. 1539”.
Era, questo Galeazzo Rovelli, o Rovellio che dir si voglia, un maestro di grammatica che a Brescia nella sua casa, vicina alla chiesa di Santa Maria dei Miracoli per cui commissionò il dipinto, aveva aperto la sua scuola per bambini abbienti e meno abbienti. Certo, per una tale opera dovette pagare molto e fu probabilmente sostenuto dalle famiglie degli studenti più ricchi che, pagando, guadagnano la prima fila e il privilegio di portare le offerte votive di San Nicola. Terminata nel 1515 la Guerra di Cambrai, che con il coinvolgimento di molte potenze europee, aveva insanguinato l’Italia, a Brescia, come in altre città, furono investiti cospicui fondi a favore della cultura e della scuola: fu esaltato il valore delle lettere e molti insegnanti di retorica, di “varia umanità” e di “istituzioni civili” ricevettero importanti sponsorizzazioni e interessanti agevolazioni fiscali per la loro preziosa attività di grande rilevanza sociale. Bellissimo!
In quegli anni venne inaugurata in Duomo Vecchio, a opera di un caro amico del Moretto, la prima scuola popolare gratuita aperta ai fanciulli poveri. E Angela Merici, anch’ella della cerchia del Moretto, fondò la “Compagnia delle dimesse” per la promozione dell’istruzione femminile.
Qualcuno ha definito questo dipinto un atto “insieme di devozione e di promozione di una scuola dell’infanzia”: piccoli devoti impegnati insieme al loro maestro (celato nei panni di Nicola) in una specie di cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico.
Mi piace tantissimo questo quadro perché c’è dentro tutto: un pittore amico di persone intelligenti e buone che si occupano di istruzione; una meravigliosa cornice scenica aulica e insieme realistica, dove l’importante architettura, come una chiesa vera, appare un po’ degradata, con macchie di umido, crepe in cui sbucano ciuffi d’erba e con il mosaico dell’abside in gran parte caduto. Mi piacciono Gesù Bambino che, come un bambino vero, bada alla sua mamma invece che agli ospiti e Maria che, come una mamma vera, invita il bambino a non disturbare e a interessarsi all’accaduto. Mi piacciono i bambini che recitano il loro ruolo in modo impacciato e poco spontaneo, come fanno i bambini veri quando li si obbliga a un ruolo più grande di loro. Mi piace la storia del benemerito vecchio maestro elementare, che affida alla Vergine i suoi bambini, umanamente e materialmente ricco abbastanza da poter commissionare un’opera di tanto valore: fosse anche una pubblicità alla sua scuola, è dono grandioso e perituro all’umanità (ben altro, insomma, rispetto alle nostre effimere e tristi brochure…); e mi piace la storia della Brescia del Cinquecento che promuove la cultura e gli insegnanti. Mi piace infine, più di tutto, la cura del vescovo Nicola che salva i bambini dalla pozza bollente della distrazione e della superficialità degli adulti e dalle armi affilate dell’ignoranza che riversa il suo male su giovani promettenti vite.