
LUCIA, TU TERENTIA ES

IL LAVORO GRATUITO
IL DESIDERIO NON È POSSESSO, MA DONO — parte 2

Ultimo a parlare è Socrate che spariglia le carte, come suo solito. Il suo pensiero è diverso da tutti gli altri, il filosofo non si accontenta mai di descrivere, di raccontare, vuole indagare, capire, anche a costo di rendere tutto più complesso, anche attraverso una affilata dialettica. La maieutica, l’arte di dare alla luce la conoscenza, prevede sempre un momento doloroso: è l’ironia, con cui, domanda dopo domanda, provocazione dopo provocazione, si smantellano le idee comuni, le impressioni superficiali, le opinioni più diffuse. Lo scopo non è mai la distruzione del pensiero dell’altro, ma, al contrario, il sorgere nella coscienza di una consapevolezza nuova, più profonda, più autentica.
Questa volta, però, Socrate non parla da sé, ma dà voce a una donna (cosa più unica che rara, nei dialoghi platonici): è Diotima, sacerdotessa ‘amata da Zeus’, come indica il suo nome. Eros, anzitutto, non è un dio, bensì un demone, una creatura che si pone a metà tra gli dei e gli uomini e fanno da mediatori tra i due mondi. Ora, poiché Eros è desiderio di cose belle, egli non può essere semplicemente bellezza, perché non si desidera ciò che già si possiede. Il mito della sua nascita lo svela: si racconta che, durante il banchetto che gli dei tennero in onore della nascita di Afrodite, Poros (l’espediente), ebbro, fu sedotto da Penia (la povertà). Dalla loro unione nacque proprio Eros, che dal padre eredita l’astuzia e dalla madre l’insaziabilità: Eros è povero, arruffato, scalzo, vive per strada: tuttavia è astuto, potente, ardimentoso.
Ma la sacerdotessa (per bocca di Socrate) va ben oltre: fa notare che si fa sempre coincidere Eros con l’amato, mentre egli è l’amante ed è in questa veste soltanto che lo possiamo comprendere. Il punto di vista, dunque, si rovescia: il desiderio amoroso non è una caratteristica del destinatario dell’amore, ma di colui che ama, non dell’oggetto, ma del soggetto o, forse, della relazione tra i due. Ecco, dunque, l’immagine geniale: noi non desideriamo anzitutto in virtù di una mancanza, ma di una pienezza, di una generazione anzi. Ogni uomo è come una donna incinta, che deve trovare qualcuno a cui affidare il frutto del suo grembo. Tutti noi siamo pieni di energie, di capacità di amare, di coraggio: tutto sta nel trovare colui che di tutto questo è degno destinatario. Se lo troviamo, allora la nostra vita fiorisce e genera; se nessuno è in grado di ricevere il nostro bene, allora esso si ammala e si consuma in noi.
Anche questa volta il discorso ci coinvolge moltissimo. Saper desiderare non significa altro che trovare qualche cosa o qualcuno che siano degni del bene che portiamo in noi: la nostra vita di esseri che amano ci spinge a cercare una passione che ci renda fecondi, che ci permetta di generare, che sia all’altezza di noi.
Quando ci diamo da fare per qualcosa, quando abbiamo passioni forti, quando (come nei nostri incontri) ci sono cose che ci fanno brillare gli occhi, allora noi stessi diventiamo più ricchi. Al contrario, se nulla è capace di destare il nostro desiderio, qualcosa in noi si ammala, appassisce e muore.
È un capovolgimento che ci ha molto sorpresi, quello di Socrate-Diotima: non si tratta più di sentirsi incompleti, ma di sapersi fecondi e così, contro ogni aspettativa, il desiderio non è possesso, ma dono. L’intuizione è preziosa per la nostra Accademia. La Piccioletta Barca risponde non alle mancanze dei ragazzi o alle loro fragilità, ma alla loro ricchezza, ai doni che portano nel cuore e che, talvolta, noi adulti non siamo in grado di scorgere. Immaginando di dover versare in loro la nostra conoscenza, ci perdiamo la parte più bella (per loro e per noi): quella che ci chiede di essere all’altezza delle loro domande, di quella ‘morbidezza’ che, come ci ricordava il più piccolo tra tutti, talvolta si ha nel cuore senza nemmeno saperlo. Perché «noi conosciamo mai la nostra altezza, fino a che non siamo chiamati ad alzarci» (E. Dickinson). E, che il desiderio abbia a che fare con le stelle, ci dice la proporzione di questa altezza.