
DANTEDÌ CON DANTE A MILANO

CULTURA È PARTICIPIO FUTURO
NESSUN OGGETTO PUÒ ESAURIRE IL DESIDERIO — parte 2

Prosegue la riflessione sul rapporto tra desiderio e oggetti magici.
Ringraziamo Luca Fantacci per il contributo di considerazioni storiche ed economiche sul denaro, che ha portato in sede di incontro con i ragazzi della Accademia.
Il mondo degli adulti, con le sue guerre e le sue conquiste, con le sue sfide e le sue ingiustizie, ruota attorno al denaro. Il denaro è il grande oggetto del desiderio della contemporaneità, per il quale si fatica e ci si sacrifica; per esso, talvolta, si fanno guerre e si uccide chi è innocente.
La lupa di Dante
Non a caso, delle tre fiere, ostacolo proibitivo che minaccia l’ascesa di Dante faticosamente uscito dalla selva oscura, è la lupa, simbolo di avidità e avarizia, a rubare la scena alla lonza-lussuria e al leone-superbia, peccati non certo marginali nel mondo di allora come nel nostro. È la lupa, bestia sanza pace, con la sua esosa e insaziabile fame, a far perdere al pellegrino quel poco di cammino compiuto fino a quel momento.
Il denaro oggetto magico
In qualche modo, il denaro è una lampada di Aladino, che permette di soddisfare, ma anche di disfare, tutti i desideri. Assomiglia dunque agli oggetti magici il denaro e, se abbiamo appreso la lezione delle fiabe, sappiamo che non c’è nulla di più ambiguo di un oggetto che promette il compimento di ogni desiderio.
Il denaro è quella cosa che non si mangia e non si indossa, che non si abita e non si gode: non ha altro uso se non quello di essere dato in cambio di ciò che si mangia, si indossa, si desidera godere. In questo senso, in se stesso, il denaro non ha proprio alcun valore e, almeno in teoria, quando si ha da parte molto denaro è solo perché non si è ancora deciso come spenderlo. Avaro è colui che non ha mai ritenuto nulla degno del suo denaro, e per questo l’accumulo coincide sempre con una povertà dell’animo: di desiderio, di passioni o di coraggio. L’antico mito di Re Mida è sempre attuale: se potessimo trasformare in oro tutto ciò che tocchiamo, moriremmo di fame e non potremmo soddisfare più alcun desiderio. Eppure capita spesso che l’accumulo, nella sua versione soft di risparmio, finisca per essere considerato una virtù.
Il denaro visto da Keynes
Un grande economista, John Maynard Keynes definisce il denaro «il grande movente sostitutivo»: può rimpiazzare i desideri più grandi come l’amore, l’amicizia, la giustizia con la sua promessa di essere potenzialmente tutto ciò che vogliamo; noi, così, ci illudiamo di desiderare, mentre abbiamo perso ogni motivo per farlo. Per Keynes, in altre parole, è il denaro quella cosa che l’uomo desidera quando in realtà non desidera niente.
La giacca stregata di Dino Buzzati
Ma c’è un’altra illusione che spesso oggi ci confonde: che il proprio denaro non abbia conseguenze sugli altri, che l’accumulo sia senza un prezzo. Dino Buzzati, nel 1966, pubblica un breve racconto, intitolato La giacca stregata (contenuto nella raccolta La boutique del mistero) Un uomo acquista un vestito nuovo da un sarto sinistro e inquietante, che neppure sembra voler riscuotere il dovuto. Tornato a casa, ogni volta che l’uomo mette una mano nella tasca della giacca, vi trova una banconota di piccolo taglio. La prima reazione è entusiasta e, in poco tempo, il protagonista riesce ad accumulare una grande fortuna. Tuttavia, ben presto, si rende conto che la somma di volta in volta accumulata corrisponde sempre a una perdita subita da qualcun altro: una banca, una anziana signora, e a un evento tragico: un furto, un incidente, una disgrazia. Il denaro che si trova tra le mani, dunque, è sempre legato a un fatto di sangue: qualcuno ne ha pagato il prezzo, sebbene egli non possa considerarsi mai direttamente responsabile.
Nel sostituirsi ai desideri, l’accumulo e la moltiplicazione del denaro fa spesso perdere ogni senso della realtà e della sua misura: se da qualche parte del mondo vi sono uomini che accumulano denaro senza fatica, ci sarà sempre dall’altra parte qualcuno che fatica senza la giusta ricompensa. Se una parte del mondo accumula, un’altra viene depredata.
Quando si accorge dell’inganno, sopraffatto dall’angoscia, l’uomo decide di distruggere la giacca stregata e le dà fuoco. Con essa, tuttavia, finisce in cenere tutto il suo patrimonio.
E’ il limite a rendere possibile il desiderio
Ciò che questa dinamica mette in luce è l’ignoranza colpevole di un elemento fondamentale che accompagna sempre il desiderio: il limite. Non è un caso che Walt Disney, affinché la storia di Aladdin abbia senso e sapore, intuisca la necessità di dare un limite al potere dell’oggetto magico; non è un caso che per Cenerentola l’incantesimo abbia il limite della mezzanotte. Così come non è un caso che chi vive accumulando denaro, pretenda spesso la rimozione di qualunque limite, talvolta persino della morte.
Gli oggetti del desiderio, seducenti ma pericolosi, ci portano così sulla soglia di un grande tema: quello del rapporto necessario tra il desiderio e il suo limite. Lungi dall’essere un nemico, il limite è invece la vera condizione di possibilità del nostro volere.