
LA SOCIETÀ CHE DISABILITA

ROSE
IL RITRATTO DI DORIAN GREY — parte 2

E così misteriosamente accade.
Dorian si innamora della giovane attrice Sybil e tutte le sere va ad applaudirla a teatro. Uomo delle passioni forti, le dichiara subito il suo amore senza riverarle il suo nome ma facendosi chiamare poeticamente “il principe”. Decide in brevissimo tempo di sposarla e una sera, esaltato, invita i due amici a vederla recitare. Quella sera Sybil, all’apice della gioia, non riesce a recitare bene la sua parte: nel camerino dice a Dorian che mentre fino ad allora,come attrice, viveva le passioni e i desideri dei suoi ruoli, ora la sua felicità è autentica e, per questo, fingere di amare nei panni di altre donne le è diventato insopportabile. Diametralmente opposta è la reazione di Dorian di fronte alla bufera di fischi che chiude il secondo atto dello spettacolo.
La tensione fra immagine è realtà è tipica del desiderio che,proprio grazie a essa, si accende: lo capiscono bene i ragazzi quando glielo spieghiamo. Nessuno desidera iscriversi alla facoltà di medicina se non perché immagina se stesso adulto e medico attivo sul campo. L’immagine, dunque, funziona esattamente perché anticipa alla nostra percezione il desiderio soddisfatto ed è talmente forte da farcelo vivere virtualmente.
Ma queste potere è pericolosissimo: l’anticipazione facilmente è più bella della realtà e, qualche volta, finisce con il sostituirla.
Tutto il romanzo è costruito su questa dinamica: un gioco di immagini che ora liberano, ora imprigionano. Un quadro si sostituisce a un’anima; il diavolo si traveste da mentore, il creatore dell’immagine ne rimane vittima, un’attrice abbandona la finzione per la realtà e, quando la riconosce spietata, si toglie la vita.
Certo, tutti questi eventi, nel mondo distorto del tentatore, trovano una perfetta collocazione: il suicidio di Sybil diventa una prova di amore, un evento di cui andare fieri: “qualcuno è morto per te”, dice Henry a Dorian, trovando la diabolica via non solo per consolarlo ma addirittura per renderlo orgoglioso di una tragedia.
La delusione di Dorian e la crudeltà che ne scaturisce, portando la povera Sybil al gesto estremo, sono esattamente il frutto di questo inganno: Dorian non amava affatto la giovane donna, ma la splendida attrice nei panni dei suoi personaggi. Ecco pronta la nostra reazione: una ragazza riconosce qui la dinamica avvenuta fra Oblomov e Olga la quale, per sua stessa ammissione, confessa di aver amato l’Oblomov immaginato e sperato al posto dell’uomo reale. Diversa – ricorda un’altra ragazza – era stata la potenza dell’amore di Solvejg per Peer Gynt, nell’omonimo dramma di Ibsen, che abbiamo letto insieme lo scorso anno. Là, la donna,aspettando tutta la vita il ritorno del Peer che ha amato autenticamente da ragazza, ne conserva intatta la verità, potendo così riconsegnargliela alla fine della sua sfilacciata esistenza.
Ma sbaglieremmo a pensare che ciò che accade nel mondo delle immagini sia irreale: il desiderio è la realtà di cui l’uomo vive, più vero del vero talvolta. Così, a ogni nefandezza, tradimento, egoismo di Dorian, il ritratto muta, macchiandosi di un’imperfezione sempre nuova. Non è tanto lo scorrere del tempo ad alterare la bellezza del dipinto, quanto le crudeltà crescenti nell’animo del giovane, ormai travolto da un vortice di perversione. È la seconda grande lezione del romanzo: le immagini ci ri-guardano. Mentre le guardiamo esse, come in uno specchio, ci rimandano la qualità del nostro sguardo.
Ma Dorian è debole e non sostiene lo sguardo del ritratto che infatti nasconde in soffitta: lo nasconde a sé e agli altri. Il gioco di specchi moltiplica le persone: c’è un Dorian dipinto che invecchia e diventa brutto, un Dorian che mantiene la sua bellezza nella frivola società londinese e un Dorian che, mal vestito e anonimamente, frequenta i peggiori locali del porto, dando sfogo al suo bestiale sentire.
I nodi però vengono al pettine. Basil che veramente vuole bene a Dorian, svuotando l’ammirazione dalle nocive tinte idolatriche delle prime pagine del romanzo, gli fa visita e, con coraggio da amico, gli chiede conto della sua vita, tentando di ricondurlo a un bene reale. Incapace di sostenere il confronto, messo il pittore al corrente del suo terribile segreto, Dorian in un impeto di follia, lo uccide e successivamente ne fa sciogliere il cadavere nell’acido.
Sul quadro appare allora un’enorme macchia di sangue in corrispondenza della mano omicida.
Gli anni passano, Dorian non muta, mentre il dipinto è sempre più decrepito. Sul finale, arriva il momento del pentimento: incontrando una giovane ragazza di campagna, Dorian che prova un sentimento bello e puro nei suoi confronti, decide di salvarla da sé, risparmiandola alla fatica e al dolore di una relazione con lui. Tornato di fronte al ritratto, spera che a questa azione buona, corrisponda almeno un piccolo mutamento in meglio. Ma il ritratto non migliora: preso dal panico e dalla rabbia, Dorian con lo stesso pugnale con cui ha ucciso il pittore, uccide se stesso nel quadro! I servi all’udire un lancinante urlo, accorrono in soffitta e trovano la tela intatta e bellissima e il loro padrone, devastatodagli anni e dal male, riverso in una pozza di sangue.
Le immagini, necessarie al nostro desiderio, possono essere ambigue e pericolose perché, come suggerisce una delle ragazze, noi diventiamo il nostro desiderio