
PANEM ET CIRCENSES

PROMETEO — parte 2
IMPARARE POESIE A MEMORIA

“Andiamo a cercare insieme
Le parole per parlare”
Così, scriveva in una poesia Gianni Rodari. E di parole, di ricerca, di capacità di pensare, dire, amare si tratta, quando si parla di studiare poesie a memoria.
Dallo scorso settembre, i ragazzi che partecipano al percorso di accompagnamento scolastico della Piccioletta Barca devono studiare a memoria una poesia al mese: autori diversi, tematiche differenti, differenti usi della lingua. A memoria, da ripetere su richiesta e in ordine sparso, ad ogni incontro. Totalmente disabituati dalla scuola all’uso della memoria come strumento di grande forza didattica, i ragazzi hanno, in prima battuta, quasi subìto la proposta di studio come una fastidiosa incombenza. I versi, subito misteriosi, vengono letti, interrogati e capiti e poi, imparati a memoria. Con il passare delle settimane, si sono scoperti felici di quelle conquiste della mente, divertiti dal gioco della memoria e sorridenti interpreti di versi ad alta voce.
In un mondo dove tutto lo scibile è, apparentemente, raggiungibile con un click; dove un motore di ricerca risponde alle domande su qualsiasi materia; dove non si ricordano neppure i numeri di telefono, ben archiviati nei cellulari, ha ancora senso studiare a memoria?
Perché studiare a memoria.
Non c’è nulla di ostentato, non è solo disciplina. Studiosi di psicologia, scrittori, semiologi sottolineano il valore cognitivo dello studio mnemonico dei versi poetici. Umberto Eco lo definiva, senza preamboli, un antidoto all’idiozia e invitava a studiare a memoria per non perdere la memoria (dimenticando non solo le poesie, ma la storia e, alla fine, la vita). Studiare poesie a memoria è un modo efficace per esercitare la memoria a breve e lungo termine, ma soprattutto, le poesie fornisco un ricco bagaglio di conoscenze, al quale si può attingere lungo tutta l’esperienza di studio e di vita.
Mia zia, novantaduenne, ancora oggi, quando sta con noi, con grande naturalezza punteggia la conversazione di citazioni a memoria di Dante, di Leopardi, di tragedie greche, di poesie latine e filastrocche. Lo fa da sempre con noi nipoti, portandoci il gusto delle parole, ma anche la sensazione di un’amicizia letteraria che accompagna la vita e di un’energia forte che passa attraverso le parole anche quando le energie del corpo vacillano. Tutte quelle parole hanno iniziato a essere seminate in lei quando era piccola, nei lunghi anni di scuola.
Lo aveva ben capito Daniel Pennac che, come racconta in “Diario di scuola”, per un anno intero, fece imparare a memoria ai suoi studenti una poesia al mese, coinvolgendoli in una sorta di grande gioco della parola, nel quale i ragazzi dovevano ripetere le poesie con successioni improvvisate, a blocchi di versi, tutti i giorni dell’anno. “…li gettavo vivi nel grande fiume della lingua, quello che scorre lungo i secoli per venire a bussare alla nostra porta e ad attraversare la nostra casa…capivano ciò di cui si ricordavano. Non si limitavano a recitare una successione di parole, non era solo la loro memoria a risvegliarsi, ma anche la loro intelligenza della lingua, la lingua di un altro, il pensiero di un altro.”
Tutte quelle parole stanno in un luogo che è molto più potente della Rete. E’ la mente. La mente è uno strumento straordinario, un muscolo — lo definiva Eco, un muscolo affamato, pronto a raccogliere, contenere, trattenere, usare e che i device sempre attivi alimentano di mille e mille contenuti che nulla hanno a che fare con il grande potere che la mente ha, ma la affollano, la saturano. E’, allora, ancor più necessario invitare la mente a sfide più alte, nutrirla di poesie, di parole e significati, che si ancorano con forza senza subire furti o alienazioni, e restano pronti, immediatamente richiamabili e vivi. Sempre e per sempre.
Alimentare e sostenere quel bagaglio di idee e suoni, di voci e ispirazioni è particolarmente prezioso per i ragazzi che si paralizzano di fronte alla stesura di un tema, che ammutoliscono quando devono esprimere un pensiero. Studiando a memoria Leopardi, Primo Levi, Foscolo, Caproni, Montale e Ungaretti, questi ragazzi, da una parte, recuperano fiducia nelle proprie capacità, si sentono più forti, dall’altra, si aprono a parole e pensieri importanti e possono, così, costruire dentro di sé orizzonti di senso che vadano al di là della loro personale esperienza, rendendo più penetrante e profondo lo sguardo sulla complessità del mondo.
La memoria genera la creatività
Imparare a memoria una poesia non è solo la ripetizione meccanica di una sequenza, ma diventa un modo per interiorizzare sintassi, concatenazioni, possibilità, contenuti e forme estetiche. Sono passi consapevoli nella cultura. E già questo avrebbe valore per la crescita. Nella poesia, però, c’è qualcosa di ancora più potente: una traccia che scrive un repertorio di possibilità espressive (analogie, metafore, variazioni, allusioni) che possono deviare dall’originale e alimentare una creatività nuova, personale, che non potrebbe esistere senza un ancoraggio alla ripetizione.
Non è così anche l’arte straordinaria dell’improvvisazione nel jazz? Il jazz insegna che occorre conoscere molto approfonditamente il repertorio dei grandi, saperlo eseguire con perfezione e consapevolezza, maneggiare i ritmi e i silenzi, imparati con le partiture dei più importanti repertori, per riuscire, poi, nell’improvvisazione, che è la capacità personale di fare di tutto quello che si è imparato qualcosa di totalmente nuovo, unico e bellissimo.
Le poesie sono il repertorio da imparare a memoria, da ripetere con soddisfazione; a volte, con sfida; sempre, sapendo che si stanno stringendo alleanze con pensieri e parole. In attesa di scoprire quale sarà l’improvvisazione che ne scaturirà: che sia in un tema, in una relazione, in un esame, in una lettera, in un dibattito, in una domanda, in un dialogo con un amico. Anche per questo, è così bello stare accanto e lasciarsi stupire dai nostri ragazzi.