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DESIGN: OSSERVARE IL MONDO

Il futuro, di cui Prometeo ha aperto le porte agli uomini, non esisterebbe se gli uomini non fossero capaci di lasciare segni nella storia. Costruiamo il futuro in-segnando ad altri ciò che abbiamo imparato, con-segnando le nostre scoperte e le nostre invenzioni alla storia, de-signando i nostri rappresentanti nelle istituzioni. Il segno (che sia simbolo, scrittura o semplicemente l’inconsapevole traccia dei nostri passaggi) è il protagonista della storia, unisce il passato e il presente, promette di rimanere anche nel futuro. Così, il prof. Gianluca Poldi, dell’Università di Bergamo, fisico e storico dell’arte, introduce i nostri ragazzi al mondo affascinante del design, prima di accompagnarci a visitare il museo ADI di Milano, che raccoglie alcuni tra i più importanti oggetti di design, vincitori del Compasso d’oro, uno dei premi più ambiti in tutto il mondo.
Fin dall’alba dei tempi gli uomini riempiono di segni il Pianeta: noi lo sappiamo bene, perché abbiamo imparato che cultura, nell’etimologia più remota, indica proprio il solco che l’aratro lascia sul terreno. Ma c’è modo e modo di lasciare segni. Nel parcheggio che porta al mio ufficio, questa mattina, tre grandi sacchetti di carta di una nota catena di fast-food abbandonati la sera scorsa sono il segno di una pervicace inciviltà (li trovo quasi tutte le mattine). La differenza, ciò che fa davvero la differenza, è una parola importante: prima ancora che volontà (quante volte noi ci scusiamo per aver lasciato segni senza volerlo) si chiama consapevolezza.
Il design industriale, in particolare in quella bellissima stagione della seconda metà del Novecento di cui l’Italia è stata una delle maggiori protagoniste, è un trionfo della consapevolezza. Il punto non è solamente produrre opere belle, ma cercare l’intersezione tra la funzionalità e la bellezza, passando attraverso l’osservazione attenta della materia, delle forme e, ovviamente, dei bisogni degli uomini.
Il primo grande maestro del design — ce lo ricorda un’installazione proprio all’ingresso del museo ADI — è senza dubbio la natura. Un semplice albero con le sue radici, i suoi rami e le foglie che si stendono alla luce, può allora diventare l’inatteso maestro. Da secoli remoti gli uomini lo sanno bene: osservando la natura, hanno scoperto l’equilibrata bellezza della proporzione aurea nelle volute di una conchiglia, nella disposizione dei pistilli di un girasole, nella coda elegante di un cavalluccio marino. E hanno imparato a imitarla, costruendo i loro templi e le loro città. Facendolo, hanno scoperto che l’eleganza e la praticità sono amiche e che l’utilità può essere una formidabile alleata della bellezza.
Il designer vive in questo strano luogo spesso dimenticato, in cui la vera arte non è esprimere se stessi, ma portare a evidenza i segni che attraversano il mondo: più Epimeteo che Prometeo, abbandona la pretesa di cambiare le sorti della storia e preferisce rendere onore all’intelligenza del vivere quotidiano. Per questo i suoi misteri si nascondono in cosa semplicissime e quotidiane di cui, manco a dirlo, nemmeno ci accorgiamo. Per esempio, nella sezione esagonale di una matita, che invece di rotolare per la scrivania si appoggia su uno dei suoi lati; oppure nell’allestimento della Linea 1 della metropolitana di Milano, a cura degli architetti Franco Albini, Franca Helg e del grafico Bob Noorda, con la pavimentazione gommata Pirelli e l’iconico corrimano in tubolare rosso, che termina con una specie punto di domanda per farsi trovare anche dalla mano di un bambino, ma non impigliarsi nella tracolla di una borsetta.
Osservare, da bravi Epimetei, è il segreto del design e la nostra guida ci invita a farlo insieme. Ci vuole un po’ di tempo e molta attenzione, ma, lentamente, iniziamo a pensare come un designer, dall’oggetto, risaliamo al progetto. A cosa serve? Chi lo userà? Come si può produrlo e quanto può costare? Esistono modi per rendere la produzione più veloce o addirittura per costruire in serie? Che materiale è più adatto e che colore vorremmo avesse? Moltissimi degli oggetti esposti nel museo stanno anche nelle nostre case, abitano con noi, ci aiutano a fare le cose più semplici e quotidiane (ci sono persino delle mollette per chiudere i sacchetti del cibo). Ma non ci avevano ancora svelato i loro segreti. Forse perché anche noi, presi dalla hybris di Prometeo, ci siamo abituati a ritenere che la grandezza debba essere sempre gridata, rumorosa e scintillante. Invece è intorno a noi. Basterebbe farci un po’ d’attenzione.