
NON BASTA MAI…RELOADED

ESPLICITA E IMPLICITA
VIVERE PIENAMENTE NEL MONDO, MA DISTACCATI DAL MONDO

Le dimensioni della Città di Dio di Agostino sono tali da scoraggiare anche i più fervidi pensatori e i più tenaci lettori: proporlo ai ragazzi dell’Accademia è audacia non comune e, lo confessiamo, il lavoro per rendere l’opera sintetica, comprensibile e apprezzabile dai nostri piccoli soci è stato, questa volta,particolarmente complesso. Ma, avendo recentemente incrociato una straordinaria riflessione di Bruce Marshall (che ora campeggia nel nostro salone) sul fare le cose difficili invece di quelle facili come unica via di salvezza per l’umanità intera, abbiamo deciso di persistere nella nostra impresa: un po’ titanica, come Prometeo appena lasciato; un po’ utopica, come Utopia di Thomas More che incontreremo prossimamente…
Dunque, correva l’anno 313 d.C. quando Costantino, con l’Editto di Milano, legittimò il cristianesimo al pari delle altre religioni professate nell’Impero romano; Teodosio, nel 380, diede un giro di vite, proclamando il cristianesimo unica religione ufficiale dell’impero; nel 392, poi, furono definitivamente e categoricamente vietati tutti i culti pagani. Una svolta rapida ed epocale, questa, che consegnò ai Cristiani le chiavi dell’Impero con tutte le conseguenze ben note, tipiche di una umanità che, da ultima, diventa prima. La religione divenne instrumentum regni, elemento unificatore dello stato che propose una indissolubile convergenza fra pace cristiana e pace romana. Già Virgilio, del resto, nell’egloga quarta famosissima, composta intorno al 40 a.C., aveva cantato di un puer, un bambino prossimo a nascere, grazie al quale sarebbe terminato il periodo delle guerre e sarebbe sorta una felice stagione cosmica: che il bambino poi, nel pensiero del poeta, fosse il figlio di Asinio Pollone suo protettore, il figlio di Ottaviano o quello di Marco Antonio oppure Gesù Cristo, non ci sarà mai dato sapere. Certo è che il verso di Virgilio fu indicato da una lunga tradizione cristiana – fino a Dante e oltre! – come profetico rispetto alla nascita e alla missione di Cristo: l’Impero romano nasce e cresce e raggiunge i confini del mondo conosciuto per permettere e assecondare la diffusione del cristianesimo.
Ma a un certo punto arrivano i Barbari; arrivano da tutte le parti: nel 406, schiere di Germani, scendendo dal Nord, devastano la Gallia e la Spagna, mentre a Est arrivano i Visigoti che, nel 410, conquistano e saccheggiano la capitale: è il famoso ‘sacco di Roma’ che segna nelle coscienze dei Romani, pagani e cristiani, una crisi devastante. Si domandano i Cristiani: ma come è possibile? Se l’Impero romano è stato voluto da Dio per assecondare la diffusione della vera fede, se la pace romana è presupposto della pace cristiana, perché Dio permette un tale disastro? Ribattono i Romani pagani, intellettuali tradizionalisti, con dente avvelenato: è il cristianesimo che ha rammollito i costumi e le tradizioni, è il cristianesimo che ha indebolito gli eserciti e l’autorità militare e politica, niente di cui stupirsi se tutto crolla!
A cercare una soluzione a questa sterile disputa – sterile come tutte le dispute in cui si gioca allo scarica barile – si erge in tutta la sua possanza Agostino che, già vescovo di Ippona, compone questa opera immensa, magnum opus et arduum, lo definisce lui stesso: opera grande e complessa, che ha a che fare con il passato e con il futuro: ha a che fare con la storia intera dell’umanità.
Credibilissimo perché cristiano e romano insieme, forte della sua sterminata cultura e della sua posizione, Agostino smonta pian piano la convinzione che la storia romana sia un successo planetario, esempio per l’umanità e opera di personalità grandiose: inutile e dannoso continuare a rifugiarsi in un passato glorioso, i Romani non sono né migliori né peggiori di altri popoli e l’Impero non è oggetto privilegiato della provvidenza divina, è un semplice fenomeno storico destinato a scomparire come ogni altra cosa, inessenziale alla salvezza dell’umanità. Persino gli uomini non sono sempre esistiti e non sono destinati a esistere sempre: Agostino scardina il pensiero dominante con una lucidità e una lungimiranza sorprendenti ancora oggi. Due città, senza confini spazio-temporali, coesistono dentro ogni uomo: la città degli uomini e la città di Dio, la città terrena e la città divina che vivono intrecciate e mescolate non fuori, ma dentro ciascuno di noi. La giustizia sociale in questo mondo non sarà mai raggiunta né compiuta. Un giorno, non in questa terra e non in questa vita, si realizzerà la salvezza dell’umanità, mentre nello spazio-tempo a noi contemporaneo esiste una civitas peregrina, di cui siamo chiamati a fare parte: un gruppo di uomini esuli che risiede temporaneamente nel mondo, e che al mondo è e deve essere profondamente legato da vincoli necessari e da doveriimprescindibili. Vivere pienamente nel mondo ma distaccati dal mondo: questa è la sfida grande che Agostino propone. Nessun uomo, nessun governo, nessuna istituzione può garantire la felicità su questa terra. E quando dice nessuna, Agostino intende anche la Chiesa: neanche la Chiesa salverà l’umanità, dice lui vescovo della Chiesa! Chi altri fra i rappresentanti di un potere forte è stato capace di dire una cosa così?
Quanti invece hanno promesso e continuano a promettere il paradiso in terra, una felicità raggiungibile con mezzi semplici e rapidi? Falsi profeti dalla parlantina fluida, campioni di marketing, affabulatori senza scrupoli prospettano un premio gratuito di dimensione tale che l’uomo comune aderisce istintivamente a scapito della sua stessa libertà e della giustizia.