
SETTANTASETTE MERAVIGLIE E UNA RISPOSTA

DANTE E IL (SUO) FUTURO
COLLEZIONE MONZINO: LA CULTURA COME BENE COMUNE

Un chitarra unita a due mandolini…”come si può suonare?”, è la domanda dei tanti occhi che osservano nella vetrina lo strumento decisamente inusuale e decorato con ricercatezza.
Creata da Innocente Rottola nel 1906, in occasione della Esposizione Universale di Milano, quella chitarra non è, in realtà, uno strumento da impiego concertistico, ma un’opera nata per mostrare l’abilità del liutaio e diventare oggetto di curiosità per musicisti.
Oggi, è esposta al Museo degli Strumenti Musicali del Castello Sforzesco all’interno dello spazio dedicato alla Collezione Monzino, donata nel 2000 dalla Fondazione Antonio Monzino, e composta da 79 strumenti a corda e a pizzico, raccolti dalla famiglia di liutai milanese tra il XVII e il XX secolo.
Siamo in visita alla collezione e al museo, guidati da Nicola Monzino, maestro liutaio che già aveva tenuto per i nostri ragazzi una bella lezione sull’arte liutaia, che riconosce la voce del legno e la fa vibrare in un violino. Sono presenti i ragazzi dell’accademia e anche quelli iscritti al nostro Centro di cultura musicale (sostenuto da Fondazione di Comunità Milano): gli appuntamenti di approfondimento della musica sono condivisi, sono punto di incontro di un percorso di formazione che accomuna i ragazzi nel progetto di crescita culturale vissuto in Piccioletta Barca.
La collezione si sviluppa lungo due sale. La prima ha un taglio didattico: è stata una esplicita volontà del donatore che, in linea con la Direzione del museo che vuole favorire la diffusione della conoscenza della musica attraverso lo studio degli strumenti, ha voluto dare spazio ai materiali, agli utensili, alle forme, agli ornamenti che vengono impiegati nella liuteria. Vetrina dopo vetrina, è possibile vedere le diverse fasi che portano alla creazione di uno strumento ad arco e cogliere gli aspetti più delicati e preziosi di un lavoro che unisce artigianato e arte. Non mancano stampe di fotografie antiche, riproduzioni di documenti e tavoli da lavoro che riportano nel legno i segni delle ore trascorse a creare e dare forma a strumenti che hanno incantato il mondo con la loro voce.
La seconda sala presenta un nucleo consistente di strumenti ad arco e un gruppo importante di chitarre e mandolini di epoche e tipologie diverse. In gran parte — ed è una caratteristica che distingue questa collezione da altre, fatte solo di acquisti sul mercato — sono strumenti di produzione propria, testimonianza dell’attività della dinastia Monzino, dal 1750 ad oggi, nella costruzione di strumenti musicali. Ci sono cinque strumenti che risalgono all’epoca barocca, ma anche la chitarra di Giovan Battista Fabricatore del 1795, che racconta del periodo in cui la nuova popolarità degli strumenti a pizzico (chitarre e mandolini) rivoluzionò la musica.
Particolarmente imponente è la raccolta di strumenti prodotti dopo il 1906, creati dai liutai più famosi che Casa Monzino ha avuto al proprio interno, formandoli e dando vita a una autentica scuola. Tra loro Rottola, i fratelli Antoniazzi, Erminio Farina, Severino Riva e, dopo di loro, Ambrogio Sironi, Piero Parravicini, Luigi Galimberti.
I ragazzi seguono con attenzione e fanno mille fotografie, alcuni strumenti sono davvero particolari, come la chitarra-arpa, un concentrato per pluristrumentisti.
Colpisce l’attenzione la riproduzione fotografica di una lettera firmata da Giuseppe Verdi. Nel 1888, Antonio Monzino propose al compositore di diventare presidente del Circolo dei Mandolinisti di Milano. Il grande musicista, che aveva 74 anni e l’anno prima aveva debuttato con Otello al teatro Alla Scala, con una lettera accettò l’incarico. Scopriamo, così, che il mandolino, sempre associato a Napoli e simbolo d’Italia all’estero, ha vissuto pagine importanti proprio nella storia milanese.
La famiglia Monzino è profondamente legata alla storia della città. Ne ha scritto pagine intrecciate alla musica, ha creato strumenti che da Milano sono andati a incantare orecchie in tutto il mondo, ha raccolto un patrimonio di sapere, arte e cultura. E il legame si conferma anche nella consegna alla città di questa collezione. Le strade del collezionismo spesso hanno finito per portare all’estero interi patrimoni di strumenti musicali italiani, esposti ora nei maggiori musei stranieri, come a Bruxelles e Lipsia. La scelta di fare restare la collezione nella città in cui si è formata e cresciuta è un segno importante di attenzione civica, di generosità nel mettere in comune conoscenze e storia, di eredità che vuole incidere sul presente, essere tratto che disegni il futuro.
Superate le due sale, il percorso di visita del museo prosegue tra gli strumenti esposti: dalle corde ai fiati, dalla garrota al cembalo. Nicola Monzino risponde alle domande, segue i ragazzi nella curiosità. Gli strumenti sono tantissimi e diversi, immobili nelle teche. Avrebbero bisogno di mani e polmoni che ne vadano a cercare il suono, che ne tengano vivi gli armonici- ci spiega Nicola — perché uno strumento fermo, non usato, smarrisce se stesso. E ci piace immaginare un domani in cui i nostri ragazzi, formati alla musica nel nostro Centro, possano essere animatori o parte di un progetto che restituisca a quegli strumenti il suono.