
ENUMA ELISH: IL PRIMO MITOLOGICO BIG BANG

PER VIOLENZA, PER DESIDERIO, PER GIOCO (parte 1)
I GRANDI DONI DEGLI DEI

o De deorum magnis muneribus
che tratta dei benefici di un cervello che studia le lingue classiche!
«Chi ha studiato il greco e il latino impara velocemente qualsiasi cosa!» — mi fu detto al mio primo colloquio di lavoro in un’azienda di telecomunicazioni. C’è del vero in questa incoraggiante affermazione? Premesso che non mi sono mai cimentata a cercare nelle neuroscienze un fondamento alle mie convinzioni in merito, trovo tale convinzione molto plausibile e mi piace condividerla con te, giovane studente, e con chi, deposto onestamente ogni spicciativo scetticismo, voglia prestarsi alla lettura di queste righe.
Posso almeno garantire che c’è, in quanto scrivo, un’ampia esperienza personale, che riguarda non tanto e non solo me stessa, ma moltissimi adulti, con cui condivido questa passione, e moltissimi studenti che ho visto crescere e maturare nello studio e nella vita. Ci credo al punto che, ti confesso, quando mi trovo di fronte a una persona totalmente incapace di ragionare, di condurre una conversazione snella e progressiva, di sciogliere nodi e impacci logici, di prendere una rapida decisione, di considerare le cose da punti di vista differenti e poi scopro che ha studiato le lingue classiche, rimango sempre piuttosto male e mi consolo soltanto ricorrendo al meraviglioso placebo che sostiene la inevitabile presenza dell’eccezione che conferma la regola!
Accenno solo brevemente in questa sede, dedicata al lavoro di traduzione dal greco e dal latino, alla innegabile ricchezza che lo studio della letteratura classica apporta alla nostra vita: studiare gli autori greci e latini e costruire su di essi la propria cultura equivale a costruire una casa sulla roccia, a garantire all’edificio del sé fondamenta solide che consentono di elevarlo fino al cielo; la cultura occidentale è greca e latina, discorso trito e ritrito forse, ma talmente vero da riuscire a sbugiardare con due parole ogni affermazione negazionista. Non si tratta solo di letteratura e arte, di teatro e poesia, ma, anche di matematica e fisica, di medicina e di architettura, di sport persino…
La magia della parola
Mi trattengo brevemente anche sull’altrettanto innegabile vantaggio che lo studio delle lingue classiche porta alla conoscenza e all’uso consapevole della lingua italiana: meraviglioso fascino quello dell’etimologia delle nostre parole, scoperte deliziose, ricostruzioni sfiziose di tanti termini di uso quotidiano, usati dai più senza la minima cognizione di causa. Devo dirti che, da questo punto di vista, i ragazzi che si accostano allo studio del greco e del latino sono immediatamente affascinati dalla storia delle parole e, scopertala, si sentono subito un po’ più grandi e anche un po’ più importanti. Generalmente è la prima cosa – insieme alla trascrizione in caratteri greci del proprio nome e di quello dell’ultima fiamma – che sfoggiano con orgoglio fra amici e parenti.
D’altro canto, e non devi offenderti se lo dico, il vocabolario giovanile è oggi piuttosto ridotto e ha perso molte parole dotte di origine classica, a favore di un insopportabile quanto abuso dell’inglese e del ridicolo linguaggio “social”. Col passare degli anni, quando, mentre traduciamo insieme, ti trovi totalmente spaesato di fronte alla parolina ἄνεμος (anemos), ho smesso, pur convinta in assoluta buona fede di aiutarti, di suggerirti di pensare al galletto sui tetti o alla bandierina rossa e bianca sulla spiaggia che fieramente adempiono al loro compito di anemometro: gli occhi si dilatano, la confusione aumenta, la frustrazione pure, esattamente come quando, di fronte alla parolina ἰατρός (iatròs), suggerisco di pensare al vecchio pediatra di famiglia o al fisiatra o al geriatra; o ancora, quando di fronte all’aggettivo ταχύς (tachus), ti invito generosamente a pensare al tachimetro dell’automobile… Se non sai che un anemometro è un misuratore di vento, che un pediatra è il medico che cura i bambini e che il tachimetro è lo strumento che misura la velocità di un’auto non puoi certamente risalire al significato di quei termini che non ti dicono nulla nell’immediato. Va meglio con parole più diffuse come βίος (bios, vita), γῆ (ge terra), σοφία (sofia sapienza) … Crescerai e crescerà il tuo vocabolario! Così, almeno all’inizio, me ne sto zitta e aspetto che tu cerchi tutto sul vocabolario e che dal greco e dal latino impari l’italiano, piuttosto di sperare che tu capisca il greco e il latino grazie alla ricchezza della tua lingua madre! Anche perché, se il greco non tradisce, il latino brulica di “falsi amici”, non per colpa sua, ben inteso, ma per l’evoluzione della lingua italiana che ha allontanato molte parole dal loro significato originario. Talvolta, per tradurre il latino, dall’italiano bisogna guardarsi con prudenza: i falsi amici, infatti, mietono assai più vittime di quanto non faccia l’ignoranza di vocaboli italiani! Quante volte ho assistito allo scoppio improvviso di tempeste davvero devastanti, quando quell’ea tempestate non è stato tradotto, come gli spettava di diritto, in quell’occasione /circostanza /tempo, bensì ‘in quella tempesta’, nonostante sulla versione splendesse uno splendido sole! Quante volte alienus, invece del pacifico aggettivo altrui, ha portato in scena in modo sconcertante un inquietantissimo ‘extraterrestre’ e quante volte i nemici hanno catturato ‘persone cattive’, invece di innocenti prigionieri, nascosti nel accusativo plurale captivos. Per non dire di tutti quei ‘Paolo’ venuti proditoriamente alla ribalta grazie all’aggettivo paulus che, scritto per giunta con la lettera minuscola (ma maiuscole e minuscole vedo che, in questo tempo, non suscitano più grandi emozioni) significa piccolo, scarso, di poco conto. Occorre logica in questi casi, ma non devi preoccuparti! Tu sai bene che i falsi amici hanno vita breve: possono farti male una, due volte ma poi impari a individuarli e a trattarli nel giusto modo…
Dunque, già il fascino e l’utilità della etimologia è un buon punto a favore dello studio delle lingue classiche, con ricadute significative sulla quotidianità.
Ma veniamo alle ancor più affascinanti e misteriose doti cerebrali che io, insieme a più stimate persone, penso derivino dallo studio del greco e del latino. Memoria, logica, concentrazione, elasticità mentale.
La memoria
La memoria è un dono grande da curare bene. Imparare a memoria è esercizio fondamentale per stare meglio al mondo. C’è un vantaggio pratico: l’era tecnologica che stiamo vivendo non aiuta: corpi e menti si rattrappiscono, nessuno si ricorda mai nulla. Plateale il caso dei numeri di telefono, che nessuno più conosce, nemmeno quelli dei familiari. E poi pin, password, user name sono i nostri padroni: devono essere tanti e cambiare spesso ed è bene non scriverli, ma impararli a memoria. “Serve?” — chiederà chi ha bisogno di riconoscere una ricaduta utile e immediata in ogni cosa che fa: sì certo, perché i cellulari si perdono, i computer si rompono (e non credo che tutti abbiamo backup dell’agenda ovunque…), perché ci sono le emergenze. E che dire degli impegni quotidiani? Persino il più umile e familiare degli appuntamenti ormai, per essere ricordato, deve avere la sua colonna sonora che suoni con giorni, ore di anticipo e poi anche cinque minuti prima; e se un campanellino o un’allerta non ci ricorda il compleanno di tizio e caio, perderemmo amici e contatti dimenticando sempre gli auguri!
Ma c’è anche un altro vantaggio, più profondo, culturale e spirituale: conoscere a memoria poesie, brani di prosa, citazioni vuole dire viaggiare portando sempre con sé il più prezioso dei tesori, una biblioteca interiore cui attingere in ogni momento della vita per cercare riposo, conforto, sostegno, nozioni importanti; ricordate la meravigliosa intuizione del libro Farenheit 451 in cui un gruppo di uomini fuggiti dalla città in cui, al grido di “bruciare sempre, bruciare tutto. Il fuoco splende e il fuoco pulisce”, vengono dati alle fiamme tutti i libri, custodisce il patrimonio letterario dell’umanità tramandando a memoria i libri? Non arriveremo a tanto, ma che bello ricordare le cose belle! Che bello sapere collocare eventi, cose e persone nel loro tempo e nel loro spazio. Serve? Sì, se si vuole vivere con consapevolezza di sé e del mondo che ci circonda, della storia, dell’umanità: ricordare per non dimenticare, per non ripetere gli errori, per nutrirsi di sapienza. E ancora, conoscere cose belle a memoria è linfa per la creatività, è un repertorio di possibilità: ricordare immagini poetiche, sublimi similitudini, geniali metafore aiuta a elaborarne di nuove, aiuta a leggere il mondo simbolico, a orientarsi in spazi e tempi alternativi ai consueti.
Ripetere, ripetere e ripetere ancora crea stupefacenti automatismi fra mente e corpo, gli stessi che fanno volare le mani di un pianista virtuoso lungo la lunga tastiera bianca e nera che sembra essere parte di lui; o come quelli – leggevo recentemente in un bel libro – che guidavano la mano di un miniaturista antico, chiamato a disegnare per il sultano il cavallo che “gli veniva da dentro”: disegnò centinaia di cavalli per tre giorni consecutivi e il maestro gli disse che il disegno migliore lo avrebbe fatto al buio, quando la sua mano avesse conosciuto a memoria il cavallo che lui aveva dentro. Succederà così anche con le parole e le costruzioni greche e latine, vedrai: saranno dentro di te, ti apparterranno dopo anni e anni di studio: le tue labbra le pronunceranno e la tua mano le scriverà con sicurezza, prima ancora che tu abbia dedicato loro il pensiero.
Eppure oggi c’è così tanta gente – cosa che non capisco proprio – che si fa quasi un vezzo di avere la memoria corta, quella “del pesce Dory”, così si usa dire, e che di una lacuna fa un nascondiglio e un alibi buono in tutte le stagioni…
Studiare a memoria la grammatica greca e latina – e più avanti la poesia – è una grandissima opportunità per la mente e per l’anima. Ognuno escogita i suoi trucchi per memorizzare e sprigionare tutta la propria fantasia: acronimi, rimandi di senso, rime, catene e cantilene ritmiche: negli anni ho apprezzato tecniche davvero singolari, il cui fascino consiste proprio nell’unicità del metodo che, se va bene per qualcuno, non funziona per un altro: non esistono regole universali di memorizzazione e non esistono persone senza memoria: basta esercitarla!
Nelle mie ore di studio con te, sfidando il tuo scoraggiamento iniziale, non mi limito alla recitazione di declinazioni e coniugazioni, ma impariamo espressioni proprie di contesti diversi, costruzioni particolari, modi di dire, lunghi elenchi di avverbi: cresce il tuo tesoro di conoscenze utili alla traduzione e, insieme, cresce la tua memoria, la consapevolezza, la ricchezza del tuo lessico anche italiano.
Ti faccio declamare e coniugare, cantilenando al ritmo dello schioccare delle mie dita, ritmo che accelera di incontro in incontro. Maschile, femminile, neutro, un caso dopo l’altro, una persona dopo l’altra e poi a ritroso e poi saltando. Garantisco che ti stupirai di cosa la tua mente saprà fare nel tempo e con quanta facilità memorizzerai tutto.
L’elasticità mentale
E veniamo alla elasticità mentale: tradurre insegna che un vocabolo o un’espressione può avere un significato, ma può averne anche un altro, può avere un valore e il suo contrario talvolta! La prima evidenza che dovrai affrontare in latino è che la terminazione -a può corrispondere nella prima declinazione al nominativo (soggetto) femminile singolare, ma anche al vocativo (complemento di vocazione) femminile singolare e all’ablativo (complemento di causa e altro…) femminile singolare; e qui già nel tuo piccolo cuore impaurito sorge l’annosa questione: ma io come faccio a capire quale dei tre sia? Quando, poche settimane dopo, ti si disvela che la terminazione -a, nella seconda declinazione, corrisponde al nominativo neutro plurale, così come all’accusativo (complemento oggetto) neutro plurale, lo sgomento aumenta. Tutto così, sempre peggio da quel momento in poi. Non hai idea di quante funzioni siano legate alla desinenza -is oppure -e.
Vogliamo pensare a quanti significati possa avere quel minuscolo ut, certo un po’ odioso, non meno del suo parente greco ὡς [os]? E la desinenza ‑ει oppure –ειν [ei oppure ein]? Non scoraggiarti: con l’esercizio e un uso intelligente ed elastico del vocabolario, potrai sicuramente arrivare ovunque, vedrai! Tradurre porta a una continua necessità di valutare, grazie al contesto e a diversi indizi, a cosa corrisponda una data terminazione, quale funzione logica si debba attribuire a un sintagma, come esso possa e debba essere legato a quelli che gli stanno attorno e come debba e possa essere inserito in una frase. Anche la vita quotidiana porta a una continua necessità di valutare cosa sia opportuno in base a un dato contesto e cosa no, come sia meglio interpretare una parola, un comportamento, una reazione… Volesse il cielo che questa necessità fosse avvertita ed esercitata da un maggior numero di persone ogni giorno!
La lingua e lo stile degli autori
E che dire, poi, dello stile e della lingua propria dei diversi autori? Povero tesoro: quando, dopo il biennio, sarai diventato il campione delle desinenze, dovrai fare i conti con autori che rivestono le loro opere di una dolce patina arcaica o di caratteri loro propri. Ti imbatterai in accusativi plurali di nomi di 3ª declinazione con tema in ‑i che usciranno in -is invece che ‑es (civis invece di cives); lo stesso potrà capitare con i participi presenti sempre all’accusativo plurale; talvolta le u prevarranno sulle i, i superlativi usciranno in ‑umus anziché in ‑imus (maxumus invece di maximus), caratteristica tipica, per esempio, di Sallustio; la 3ª persona plurale del perfetto indicativo terminerà in -ere invece che in -erunt. Non devi disperare e, per assolvere subito gli autori che scrivono così, pensa al modo con cui tu ti esprimi con i tuoi coetanei. Pensa a un povero studente che un giorno del 4023, dopo avere faticosamente imparato l’italiano corretto, dovrà tradurre un tuo messaggio social e troverà raga al posto di ragazzi, nn al posto di non, pk come perché, tt bn per tutto bene, qlc per qualcuno, broski (più colloquiale ancora di bro) come appellativo di un amico; pensa poi alla magia dei nostri dialetti, alla ricchezza dei gerghi e via dicendo….
Forse le prime volte ti spenderai in elucubrazioni improbabili, contorcerai la frase, inventerai costruzioni spettacolari per far tornare i conti, ma presto, molto presto, poiché la tua mente sarà diventata elastica, capirai immediatamente la funzione e il senso di ogni parola. L’esercizio continuo renderà più duttile il tuo cervello e riuscirai a calarti agilmente anche nei linguaggi delle diverse discipline, nello studio delle altre lingue, nello stile proprio di un’epoca o di un autore, di un compositore, di un pittore. Cervello e cuore sono connessi: come la sclerosi dell’uno corrisponde alla sclerosi dell’altro, così entrambi sapranno godere dell’agilità e della versatilità guadagnata dallo studio delle lingue classiche e donarla al mondo con suo enorme vantaggio…
La concentrazione
Grandissima concentrazione richiede la ricerca sul vocabolario in entrambe le lingue: vedo continuamente studenti disperarsi, perché non trovano una parola: “non c’è!” gridano a un certo punto, gonfi di disperazione mista a indignazione, quando io, con calma, senza neanche guardare la pagina che stanno investigando, chiedo se siano sicuri di stare cercando giusto con la η [eta] invece che con la ε [epsilon], con l’ω [omega] invece che l’ο [omicron], con la κ [kappa] invece che con la χ [chi], se abbiano osservato bene il dittongo, il gruppo consonantico… ed eccoli sgonfiarsi come un soufflé, dandosi sempre degli stupidi… Più fastidiosi e infidi delle zanzare durante le notti estive sono poi, in greco, gli spiriti: due microscopiche parentesi tonde sopra la vocale o il dittongo iniziale cambiano il valore di una parola: la ricerca sul dizionario è come il mitico gioco aguzza la vista e richiede un costante allenamento.
Concentrazione, poi, per non perdere il filo del discorso, per rimanere calati nel contesto, per creare connessioni e richiamare alla mente conoscenze importanti.
La logica
Osservare, valutare, scegliere, decidere! Atti della mente che, in una traduzione, vengono continuamente sottoposti alla prova, oliati, esercitati: impossibile credere che non ci sia una ricaduta nella vita di tutti i giorni! Ogni giorno, più volte al giorno, ogni essere umano deve valutare, scegliere e decidere e non mi riferisco qui necessariamente alle decisioni esistenziali: ogni evento della nostra giornata, ogni relazione richiedono un rapido vaglio delle possibilità, l’esclusione dell’una, l’assunzione dell’altra, il calcolo del rischio, la capacità di riconsiderare, scegliere e poi scegliere ancora. Il greco e il latino sono i pesi adatti al potenziamento della muscolatura preposta alla facoltà di decidere.
Concentrazione, elasticità mentale e logica vanno a braccetto: quando traduciamo, il nostro prodotto deve avere senso in italiano. Ogni frase deve avere una sua coerenza interna e deve essere coerente con la proposizione che la precede e quella che la segue; deve essere coerente con il contesto in cui è posta: una battaglia, una fiaba di animali, un mito, una descrizione geografica, una riflessione filosofica, usi e costumi che si riferiscono a un tempo e a un luogo ben precisi.
Logica innanzitutto: ha senso quello che ho scritto? In quel tempo esisteva questa cosa (riprendiamo l’esempio dell’aggettivo alienus…)? In quel luogo poteva succedere quest’altra?
È vero che miti e favole portano nella loro natura intrinseca elementi fantastici e fantasiosi che possono spiazzare un traduttore novello; ma, col tempo, il linguaggio e i riferimenti mitologici si acquisiscono e a prevalere è sempre la logica che si addestra, che cresce e si sviluppa diventando, anch’essa, un’arma imbattibile nella vita di tutti i giorni.
Tutti questi doni, mi verrà detto, sono elargiti in abbondanza anche dallo studio della matematica: verissimo, ne sono certa e invito con convinzione tutti i ragazzi a studiare con altrettanta fiducia e gioia questa meravigliosa materia che purtroppo mi è molto meno familiare semplicemente perché le ho dedicato meno lavoro. Matematica e lingue classiche non sono in competizione, non mi è mai interessato far prevalere le une sull’altra, né il liceo classico sullo scientifico. Basta con questa ridicola dicotomia, non si esagera mai in sapienza: vorrei che tutti i ragazzi studiassero tutto… e poi, diciamocelo, i primi grandi matematici, fisici, medici, architetti e scienziati di questo nostro occidente non sono forse stati greci e romani?