
DAL MITO AL LOGOS: CESURA NETTA O CONTINUITA’?

L’ENERGIA E’ TUTTA NELL’ATTO
LA RIVINCITA DEL MANOSCRITTO

Se scrivere è considerata azione essenziale per il pensiero e le emozioni, è vero che negli ultimi anni in tanti si stanno interrogando sullo scrivere a mano.
Il tema diventa piuttosto interessante, se riportato nella vita dei bambini e dei ragazzi che, tra certificazioni di disgrafia, grafie incolte e illeggibili e sempre più rare occasioni di fare temi e relazioni scritte a scuola, hanno con la scrittura a mano un rapporto che può essere definito difficile.
Un bisogno antico
La scrittura ha origini lontanissime nella Mesopotamia del Sud (attuale Iraq), nell’8000 a.C., quando gli uomini iniziarono a intagliare il legno e l’argilla con la scrittura cuneiforme. Il bisogno di dare al pensiero una forma e di lasciare una traccia di questo pensare aveva trovato la sua via. Dobbiamo aspettare altri cinquemila anni perché in due luoghi distanti, Cina ed Egitto, venisse inventato l’inchiostro che, unito al papiro egiziano, antesignano della carta, diede l’impulso definitivo allo sviluppo della scrittura. Da allora, passando dai calamai fino alla penna sfera, il processo di scrittura è rimasto in linea di massima lo stesso.
Fino a relativamente pochi anni fa eravamo tutti scrittori. No, non narratori, ma abituati a scrivere a mano: quaderni, cartoline, fogli e foglietti, tutto era utile per scrivere. Poi, sono arrivate le tastiere e digitare è diventato il nuovo verbo della parola scritta: mail, sms, file. Abbiamo guadagnato in velocità, praticità, precisione e diffusione. La tecnologia sfida la scrittura a mano, ma ci sono solo vantaggi?
A mano o con tastiera
Le macchine nascono per agevolare l’uomo, semplificare le azioni, alleggerire la fatica, migliorare la produttività e l’efficacia, ampliare possibilità e potenzialità. Questo vale anche per la scrittura. I testi che escono dai nostri computer sono nitidi, ordinati, corretti dai correttori automatici, in uno stile standardizzato, uguale per tutti. Facili da leggere, da impaginare, da conservare. L’utilità della tecnologia è riconosciuta e non viene messa in discussione, siamo tutti immersi in una realtà sempre più permeata e modificata dalle opportunità legale alla tecnologia; occorre, tuttavia, rimanere vigili perché ogni evoluzione, liberandoci da sforzi e accelerando le azioni, comporta anche la perdita di qualcosa lungo la strada.
Molte ricerche nell’ambito delle neuroscienze degli ultimi anni evidenziano che scrivere utilizzando una tastiera e non la mano agevola l’attività, ma toglie alcune abilità e capacità cognitive, a discapito dell’apprendimento: i bambini che non scrivono più a mano perdono l’occasione di stimolare alcune importanti funzioni corticali del cervello.
Perché si instauri il legame tra parola pensata e parola scritta ci vuole la mano, il tratto sul foglio. I bambini che non sanno scrivere a mano leggono peggio e fanno più fatica a esprimersi, perché anche l’immaginario e il pensiero astratto beneficiano della relazione che si crea con la parola che dalla mente fluisce nella penna che la compone sul foglio. La scrittura manuale è un’esperienza motoria, sensoriale, che coinvolge il corpo nei processi creativi, riflessivi, speculativi e, in particolare, il corsivo opera sulla capacità del pensiero di scorrere, di concentrarsi, di dare valore a ogni passaggio, anche gli errori, dai quali il bambino impara non solo a scrivere giusto, ma a sentirsi più forte. Gli studi non si fermano qui e arrivano a dire che scrivere a mano potenzia la capacità di concentrazione, sviluppa l’organizzazione del pensiero, potenzia la memoria.
Quelli con più primavere sulle spalle ricordano, alle elementari, le pagine di lettere ripetute fino a rendere ogni tratto automatico e chiaro. Quel lavoro faticoso, a volte, noioso — e che sembra quasi mancare nel percorso scolastico di molti ragazzi, esponenti della grafia ingarbugliata e sfuggente — è talmente utile e essenziale da non meritare di essere scavalcato dal semplice e, nel corso del tempo, inevitabile approdo ai nuovi metodi di scrittura digitale. Un sano e completo percorso di formazione dovrebbe garantire a un bambino l’acquisizione delle competenze e degli stimoli legati alla scrittura a mano da integrare, nel tempo, con i più moderni metodi di scrittura e sviluppo del pensiero,
Perché esiste un ultimo aspetto, spesso trascurato. Lo scrivere a mano contribuisce a rivelare, conoscere, esplorare la propria personalità e le proprie emozioni. La scrittura dice di noi. Cambia, se sei stanco, se sei teso, se sei di fretta, se sei giovane, se sei vecchio. E’ ordinata e precisa, appuntita e minuta, rotonda e soddisfatta, slegata e incerta, frettolosa o organizzata. Talmente personale, che riconosciamo la scrittura di chi amiamo e quel tratto ci emoziona ancora prima della lettura. Commuove, allora, ritrovarsi tra le mani i quaderni di quando eravamo bambini o le lettere dei nostri genitori e ci porta in contatto profondo con quello che siamo. Scrivere a mano espone e coinvolge, accoglie e rende vero. Chi scrive un diario personale sa quanto possa essere preziosa quella collezione di pagine segnate dalla penna, quanto raccontano, custodiscono, curano. Non per niente, la scrittura a mano entra a pieno titolo nei percorsi terapeutici di recupero di traumi, anche gravi.
La controtendenza
Molte scuole inglesi hanno introdotto di nuovo l’uso delle stilografiche, in Canada sono state attivate campagne per riscoprire l’uso di biro, matita e quaderni mentre a Harward molti insegnanti vietano computer e dispositivi digitali invitando gli studenti a prendere appunti con carta e penna,
Nel 2019, in Italia è uscito il manifesto “Scrivere a Mano nell’Era Digitale”, promosso da SMED e dalla Associazione Calligrafica Italiana. Il documento mette a fuoco caratteristiche essenziali della scrittura manuale: semplice e sostenibile, creativa e socializzante, chiara e identitaria.
A Bologna, su impulso dell’Associazione Grafologica Italiana e dell’Istituto Grafologico Internazionale “G. Moretti” di Urbino, è nato il Festival nazionale della scrittura a mano, con l’intento di spingere l’UNESCO a dichiararla patrimonio dell’umanità.
E persino alcuni scrittori prediligono l’antico manoscritto, forse perché la scrittura a mano è anche una cura del tempo. A mano scriveva Graham Green: “Le mie due dita su una tastiera non si sono mai connesse col mio cervello. La mia mano su una penna sì”.
Ma per la gioia dei più giovani, anche Harry Potter ha trovato vita e avventure nella scrittura a mano di J.K. Rowling.
E in Piccioletta Barca? La scrittura a mano è compagna dei nostri ragazzi. La si trova nei quaderni di chi frequenta l’accademia: un quaderno per gli appunti, perché scrivere mentre si ascolta ferma le idee, fissa il ricordo e un quaderno dove sono raccolte le schede delle opere incontrate durante l’anno, un piccolo tesoro di conoscenza, che resterà loro per sempre.
Anche il lavoro settimanale che facciamo con i ragazzi sulla consapevolezza della parola non può prescindere dalla scrittura a mano, che spesso si rivela un ostacolo non indifferente. Ai ragazzi chiediamo di scrivere riassunti e temi, che devono essere presentati su fogli protocollo, avere una lunghezza definita, essere ordinati e scritti bene: una vera sfida per chi all’ansia del foglio bianco unisce la poca confidenza con la propria grafia. E’ importante per un ragazzo imparare a fare della propria scrittura a mano la forma per farsi capire, perché una scrittura chiara è complice della chiarezza nel pensiero. Attraverso questo lavoro di parole in sequenze scelte, curate nello stile e nel significato ci auguriamo che ogni ragazzo impari a indagare nel profondo, a prendersi cura dei propri pensieri, a raccontarsi in modo personale e autentico, arrivando a trovare le proprie parole esatte, quelle che, come ben spiegato nell’articolo “Dare parola” di Roberto Maier, sono la prova di quello che si vive e si sente.