
GENTILEZZA BENE CAPITALE: INTERVISTA A GIULIA NEGRI

VARIAZIONE SU UNO O L’ALTRO DI POCHI TEMI…
L’ENERGIA DEL CORPO

Parlare della natura e della sua energia significa parlare del rapporto tra gli esseri umani e il mondo delle cose e dei viventi. Ebbene, esiste un luogo in cui l’energia della natura e l’energia umana si trovano insieme, in un abbraccio così stretto da non permetterci più di distinguerle: il nostro stesso corpo. Il corpo, il corpo che abbiamo e insieme il corpo che siamo, è una realtà vivente che soggiace a tutte le leggi della natura, al caldo e al freddo, al secco e all’umido, alla quiete e al movimento; è fatto di miriadi di entità che hanno le loro leggi vitali: cellule, umori, batteri. Basta un mal di denti e anche il più sommo tra i sapienti smette di pensare. Eppure, è il luogo della poesia, della scienza, della matematica, della filosofia: le idee più alte hanno una casa, abitano in un luogo.
Lasciamo che ci introduca all’energia dei corpi un uomo che ha dedicato gran parte della sua vita a provare a darle voce, contro tutto e contro tutti, contro un’epoca immersa in grandi ideali e grandi illusioni, un uomo la cui fama è legata proprio ai corpi che ha saputo creare e ricreare, svelandone le forme nell’argilla, nella pietra e nel bronzo.
Auguste Rodin fu uno scultore rivoluzionario, sebbene non volle mai fare parte di quelle avanguardie che, tra l’Ottocento e il Novecento, cambiarono per sempre le forme dell’arte. Non a caso,di lui l’amico poeta Rainer Maria Rilke disse che «prima di essere celebre era solo e la celebrità, una volta raggiunta, lo rese ancora più solo». È nella solitudine che il giovane Rodin, figlio di una famiglia piccolo-borghese nella Parigi dell’Ottocento, dovette imparare l’arte della scultura: rifiutato dalle scuole d’arte parigine,cominciò a lavorare come decoratore, prima di essere notato dai galleristi. E, come nota Rilke, quando finalmente raggiunse la notorietà sufficiente a guadagnare le prime committenze, lì incominciarono anche i suoi problemi: fu criticato, umiliato, persino accusato ufficialmente di truffa. Le Età del bronzo, una bellissima fusione in bronzo di un ragazzo nudo a dimensione naturale apparve ai critici troppo realistica, tanto che Rodin fu accusato di aver creato lo stampo per la fusione non su una statua, ma su un vero essere umano (surmoulage). Ci vollero anni per liberarsi dei sospetti e forse per questo le successive opere di Rodin furono sempre molto più grandi o molto più piccole rispetto alle proporzioni di un corpo umano. In ogni caso, l’accusa è significativa di un’epoca in cui la bravura di un artista coincideva con la sua capacità di riprodurre davvero la realtà, come in una copia perfetta o persino più bella del vero.
Proprio su questo, dopo la prima esperienza, Rodin incomincia a separarsi sempre più dallo spirito dell’epoca. Non, però, per fondare una nuova arte (come Monet, suo contemporaneo), ma perché, se l’oggetto della scultura è il corpo, esso non è mai riducibile all’immobile bellezza di una statua: il corpo è il movimento ed è la storia di questo movimento. Ancora Rilke, parlando di lui, dice: «la lingua della scultura è il corpo, ma questo corpo, quando lo si era visto l’ultima volta?». Certo, la scultura fin dal suo inizio greco è rappresentazione di corpi, ma ciò che da molto tempo non si vedeva era il corpo vivo, attraversato dalle sue passioni e dalle sue energie. Questo, da molto tempo, non lo si vedeva più, nascosto sotto i canoni della perfezione e di una bellezza impossibile. Così, la seconda opera del giovane Rodin, è una pura maschera, la Testa d’uomo dal naso rotto: l’uomo di mezza età, che esibisce l’imperfezione di un setto nasale deviato chissà da quale rissa e da quali colpi, non ha tracce di risentimento: come fanno i bambini piccoli esibisce la sua ferita come un trofeo di vita. Ancora una volta, i critici rimasero interdetti.
Il cammino di ricerca di Rodin, però, era ormai incominciato. Lo vediamo nel Giovanni Battista, una gigantesca figura di un uomo nudo che sembra muoversi verso l’osservatore, sebbene, a guardare meglio, i suoi piedi siano ben saldi a terra: l’impressione di movimento, dunque, non è data dalla posa, ma da qualcosa di più misterioso, da una sorta di energia che esce dal Battista; un movimento del corpo tutto, non di una sua parte, un movimento che parte dalla fierezza dello sguardo, che sembra parlare ad alta voce e si irradia in ogni vena, in ogni muscolo.
I corpi di Rodin custodiscono un’intenzione, un’energia, anche quando sembrano riposare serenamente. È di poco successiva una splendida Danaide che sembra accovacciarsi nella pietra o dalla pietra emergere, in un tutt’uno in cui la donna appare umana più per la sua determinazione alla vita che per la sua differenza dalla pietra grezza che la circonda.
Guardiamo con i ragazzi anche un’altra scultura piuttosto famosa e sorprendente: i Borghesi di Calais, una commissione che Rodin ricevette dalla città del nord della Francia in occasione di un suo particolare anniversario. Nel Medioevo il Re d’Inghilterra la prese d’assedio ma decise di risparmiare la vita dei cittadini se essi avessero scelto sei tra loro per essere condotti alla morte. Rodin rappresenta i sei cittadini in un gruppo in cui, tuttavia, ciascuno si presenta nella sua solitudine, intento a rappresentare nella morte l’intera città. Non c’è eroismo, però, nei corpi e nei volti: solo una profonda umanità, sia nella disperazione, sia nella rassegnazione. Perché ogni essere umano è molte cose diverse, ogni essere umano è, nel suo corpo, l’intera umanità con le sue paure.
L’opera più grande di Rodin, tuttavia, fu senza dubbio la Porta dell’Inferno, un immenso progetto mai definitivamente compiuto che avrebbe dovuto rappresentare una meditazione sull’Inferno dantesco. In compagnia di Dante, Rodin passò molto tempo e, accingendosi all’opera, sostenne che il Sommo Poeta fu anzitutto un sommo scultore: i suoi personaggi hanno sempre una postura, una tensione, un movimento che li caratterizza e Dante non manca mai di coglierla. Di questo grande progetto fanno parte alcune delle opere più famose di Rodin. Anzitutto il Pensatore, che era destinato a guardare la porta dall’alto (e forse a incarnare Dante stesso): la figura, che tutti i ragazzi riconoscono, non rappresenta un uomo che pensa con la testa, ma un corpo intero intento a raccogliersi e a raccogliere il mondo con sé. Notiamo con i ragazzi che persino il pensiero è un’opera del corpo e cogliamo l’occasione per riconoscere fino a che punto anche lo studio quotidiano chieda un esercizio dell’intera persona, una capacità fisica di concentrare le forze.
Pensato per la porta dell’Inferno fu anche il famosissimo Bacio, i cui protagonisti sono probabilmente Paolo e Francesca: la scena è piena d’amore, ma anche di timore, di paura, con un Paolo che sembra quasi ritrarsi, presagendo le conseguenze di questa unione bellissima di due corpi.
Finiamo il nostro viaggio tra le opere di Rodin con un piccolo capolavoro, intitolato Cattedrale: due mani destre che appena si sfiorano e che sembrano le arcate di una cattedrale gotica: due mani che, da sole, senza nemmeno un corpo e un volto, sanno svelare un sentimento, una passione e un’energia a cui, in questo modo, nessuno aveva mai dato voce.
Nell’ultima parte della sua vita, Rodin dedicò moltissimo tempo alla danza. Una mostra in corso al Mudec di Milano raccoglie alcune delle sue ultime opere: mostriamo ai ragazzi alcune immagini e un po’ del materiale della mostra. Niente quanto la danza è in grado di portare alla luce l’energia del corpo e Parigi, ai tempi di Rodin, non fu solo la patria del balletto europeo: nel 1900, in occasione dell’Esposizione Internazionale, giunsero nella capitale corpi di ballo da tutto il mondo, che colpirono profondamente lo scultore. Così, egli prese come modelli danzatori e danzatrici, chiedendo loro di non restare mai fermi, affinché potesse intuire i misteri dei loro movimenti. Gli studi compiuti in occasione della mostra svelano che Rodin, dopo aver plasmato la terracotta, sezionava le diverse parti delle statue per disporle nelle posizioni più ardite: un modo paradossale per dare movimento persino alla materia morta.
L’interesse dell’artista per la danza ci suggerisce la direzione in cui il nostro lavoro sul corpo deve proseguire: qui trova la sua massima espressione l’incontro tra la natura e lo spirito dell’uomo.