
IL LUOGO CHE NON AVREI MAI VOLUTO LASCIARE

SCOPERTA, ASCENSIONE, RIFLESSIONE, CURA
BERTINI E ESTERLE: DUE CENTRALI IN ESCLUSIVA PER NOI

È l’anno 1914: la società Edison costruisce sulla riva destra del fiume Adda la centrale idroelettrica Esterle (dedicata a Carlo Esterle, consigliere delegato di Edison fino al 1918), un magnifico esempio di architettura industriale monumentale che, insieme alla centrale Bertini del 1898, costituisce il primo e più importante polo di produzione di energia idroelettrica del nostro Paese e ancora oggi contribuisce alla fornitura di energia alle attività civili ed industriali dell’area brianzola.
La centrale raramente è aperta al pubblico, ma grazie a Emanuela Gatteschi, AD di Gaxa, società del gruppo Edison, e a Fondazione EOS, ha spalancato i cancelli ai ragazzi della nostra Accademia per una visita davvero speciale, guidata da Pierangelo e Francesco, soci della Proloco di Cornate d’Adda.
La facciata decorata, gli scoli delle grondaie scolpiti in ferro battuto con teste di drago, le imponenti vetrate gotiche, la struttura in stile eclettico da villa lombarda: ogni dettaglio ha colpito gli sguardi e tutti abbiamo ascoltato Francesco che raccontava come i dirigenti di Edison si fossero impegnati nel progetto di costruzione, per preservare l’ambiente circostante, edificando una struttura che si inserisse con armonia nel contesto e entrando in dialogo con la natura anche con l’impiego di materiali messi a disposizione dal territorio, come il ceppo dell’Adda, formazione geologica nata dalla stratificazione di sedimentazioni fluviali risalenti al Pleistocene, un materiale resistente, facile da lavorare e molto utilizzato nell’architettura locale. Ma è stata la facciata a colpirci di più. All’apparenza sembrava dipinta, ma presto ne abbiamo scoperto il segreto. Tutte le decorazioni — anche quelle presenti sulla facciata della centrale Bertini - sono state realizzate con una tecnica definita “a graffio” che consiste nello stendere in successione strati di colori differenti, per poi andare letteralmente a graffiarli, scoprendo i differenti colori stratificati fino a formare figure, simboli, disegni: la lavorazione richiede molto tempo e grande bravura e precisione da parte dell’artista. Si dice che, all’epoca, i cittadini dei paesini vicini,vedendo tanta cura nella costruzione, pensassero che un gran signore fosse venuto a costruirsi una villa dove passare le vacanze. È affascinante pensare che ci sia stata un’idea di impresa che non si limitasse a creare una struttura solo utile alla produzione di energia in scala industriale, ma sentisse necessario anche rendere il luogo bello e accogliente, per gli operai che poi ci avrebbero lavorato, per il contesto nel quale si sarebbe inserito e, nel tempo, anche per i beneficiari della produzione energetica che, come noi, avrebbero avuto occasione di visitare quei luoghi, di conoscerne la storia.
E se è una bellezza accattivante e quasi artistica a rendere magici gli esterni, è nell’interno delle due centrali che si nasconde un vero e proprio tesoro di tecnica e lavoro umano. Vestiti di elmetti blu, immersi nel fragore delle turbine, abbiamo seguito Pierangelo che ci ha guidati tra i macchinari, spiegando come viene portata l’acqua alle centrali: ognuna ha un bacino che viene riempito grazie a canali di presa sotterranei realizzati interamente a mano dagli operai, sfruttando i dislivelli che caratterizzano il corso dell’Adda. Il bacino della Esterle viene alimentato da un canale di cinque chilometri che parte dalla diga di Robbiate, mentre quello della Bertini dai canali che partono dalla diga Poirer. Dai bacini l’acqua si riversa sulle turbine attraverso le condotte forzate, mastodontici tubi chiodati in acciaio, che si inseriscono come costole nei fianchi delle centrali. Le turbine azionano gli alternatori che producono energia elettrica. Pierangelo racconta le due centrali con passione; è anche la storia personale di una vita di lavoro e di competenze affinate tra quelle turbine, quel rumore assordante, quella tecnologia che fu l’avanguardia dello sviluppo energetico dell’Italia e che orgogliosamente ancora oggi alimenta. Nella centrale Bertini, i macchinari originari sono stati affiancati e sostituiti da apparecchiature più moderne: un contrasto sorprendente tra sistemi di produzione differenti nelle tecnologie e simili nell’esprimere il fascino della potenza generativa. Nella Esterle, invece, sia le macchine idrauliche che quelle elettriche, tutte ancora funzionanti, sono originali del 1914, seppure ammodernate. Le macchine venivano controllate da una grande sala quadri, oggi non più operativa ma della quale sono state conservate tutte le apparecchiature degli antichi banchi di comando, che è impossibile non sfiorare con le dita, immaginando tecnici e operai all’opera.
Accanto alla centrale Bertini, si trova un piccolo e ben curato museo. Lì, siamo stati portati nella storia della nascita dell’energia, del suo arrivo in Italia, grazie all’intuizione di Giuseppe Colombo, dei progressi scientifici e tecnologici che, negli anni, hanno migliorato la produzione, la distribuzione, l’utilizzo dell’energia elettrica. Affacciati sul plastico, che raffigura il tratto dell’Adda che coinvolge le centrali, abbiamo parlato di impatto ambientale, di dighe, di chiuse e alzaie e di ricadute sul territorio. Ed ecco che sulla scena è apparso il grande Leonardo Da Vinci: il suo Codice Atlantico è un vero trattato di ingegneria idraulica; i suoi disegni sono fonte di studio e ispirazione per il miglioramento delle centrali e dei canali collegati.
Cultura dell’energia, energia della cultura è il filo rosso che unisce Fondazione EOS alla nostra Accademia anche in questa giornata intensa e bella, resa magica dalla vicinanza del fiume, che abbiamo percorso a piedi per un breve tratto, ammirando la corrente larga e possente, ascoltando, prima, storie della Resistenza e, andando, poi, al guado di Renzo, dove, nel racconto dei Promessi Sposi il giovane Tramaglino avrebbe attraversato il fiume per raggiungere la terra bergamasca e trovare salvezza nella fuga dalla rivolta del pane di Milano. Seduti sulla sponda, abbiamo ascoltato leggere le pagine di Manzoni. Il fiume della forza, del progresso e delle opportunità ha tirato fuori l’altra sua voce, quella struggente e poetica: la voce del fiume che raggiunge Renzo, smarrito nel bosco, e diventa il richiamo di un amico, la certezza della salvezza vicina. E come corrente, lasciamo scorrere in noi racconti, parole, immagini, tutte le energie incontrate e torniamo a casa un po’ più carichi di luce.