
CULTURA ALLE STELLE

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IL PESO DELLA LEGGE

Quattro tonnellate di diorite sembra decisamente un ottimo peso per la prima legge scritta dell’umanità, redatta duemila anni prima di Cristo e conservatasi fino a oggi. Una stele di oltre due metri di altezza, coperta da un ricamo fittissimo di caratteri cuneiformi,contiene in cinquantun colonne di ottanta righe ciascuna i duecento ottantadue articoli del celeberrimo Codice di Hammurabi e compete con la Gioconda per il ruolo di star del Museo del Louvre a Parigi.
Hammurabi fu un grandissimo re di Babilonia che, governando dal 1792 al 1750 avanti Cristo, estese a dismisura i confini e la potenza della sua città che diede nomi all’impero. Solo Roma, dopo Babilonia, fu tanto potente da dare nome a un popolo e un impero.
Abbiamo già visto che non è un caso che la legge venga raccolta, fissata e esposta in ambito cittadino: nel reticolo intricato delle vie cittadine infatti si muove una società tanto complessa da richiedere norme ben chiare e visibili che ne regolino il vivere ordinato e giusto.
Il testo della legge è sormontato da un bellissimo bassorilievo dove il dio Eru, seduto in trono con lo scettro in mano, consegna al re la legge per i suoi cittadini sudditi.
Con soddisfazione, i ragazzi ricordano la mitologia babilonese a cui l’anno scorso li aveva introdotto il poema Enuma Elis. La stessa dinamica appartiene a moltissime leggi antiche: il re si fa garante di leggi, ma è costretto a attribuirne al dio l’origine. Intuiamo così, già dal primo testo, un tema che ci accompagnerà probabilmente a lungo, in questo anno: quello della fonte prima del diritto. Il nume è chiamato a farsi carico di una risposta che, altrimenti, costringerebbe a risalire all’infinito. Così accadrà anche nella tradizione giudaica e persino in Grecia — quanto meno a Sparta, dove Licurgo si dirà ispirato da Apollo, mentre ad Atene le cose andranno diversamente.
Per la verità, il re Hammurabi, non fa solamente ricorso al dio, ma anche alla giustizia: il suo compito è “distruggere gli empi ed i malfattori (…) per accrescere il benessere dell’umanità”. Fin dall’inizio intuiamo che la legge è sempre scritta a favore del bene, per combattere le ingiustizie. Ciò non significa, ovviamente, che qualunque norma di diritto sia giusta, bensì che non esiste diritto senza volontà di difendere il bene e far fronte al male. Forse, là dove venisse meno questo desiderio, semplicemente non saremmo di fronte a una legge legittima: la storia recente del nostro Paese ci fornisce, purtroppo, l’esempio delle leggi razziali.
Il Codice di Hammurabi introduce una vera e propria rivoluzione. Può apparirci scontato, ma le norme così rese pubbliche e scritte sulla pietra, garantiscono a chiunque, fosse anche il più povero e misero di tutti, che il Re interverrà in suo aiuto, almeno nel limite delle leggi. Questo paradossale potere dell’ultimo sul più forte dei forti, affinché lo protegga dai soprusi, è quello che si chiama ‘trovare udienza’: il Re udirà e giudicherà di conseguenza.
Questo privilegio comporta da subito una grande responsabilità. Non è un caso che il primo articolo del codice punisca proprio chi ne abusi, mentendo:
Qualora qualcuno accusi un altro, ponendo un bando su di lui, ma non possa provare l’accusa, allora quello che ha accusato sia messo a morte.
Questo privilegio comune non ci deve illudere: il mondo antico non è un mondo di uguaglianza sociale e da subito emerge che la società si compone di classi di uomini diversi. Ci sono gli uomini liberi, gli uomini semiliberi e gli schiavi. E va bene così: non si cambia classe sociale (come potrà avvenire a Roma) e con serena rassegnazione si accoglie il fatto che a privilegi maggiori corrispondono maggiori doveri. Anche le pene saranno differenti a seconda della classe sociale di appartenenza.
I campi di intervento della legge investono ambiti molteplici trasversali a tutte e classi: rapporti familiari, rapporti commerciali, rapporti economici, edilizia, amministrazione della cosa pubblica, amministrazione della giustizia.
Il fatto che la legge, in tutto il suo peso, fosse confitta al centro della città e quindi ben visibile a tutti (tutti quelli che sapevano leggere, ben inteso) ne garantiva l’imparzialità e la stabilità: nessuno, neanche il re, poteva cambiare le parole e quindi le norme a proprio piacimento. D’altro canto, nessuno poteva farsi scudo dell’ignoranza della legge: tutti erano tenuti a leggerla o a farsela leggere e l’infantile ricorrente scusa “ma io non lo sapevo” era così bandita dalle relazioni umane.
Il dettaglio delle leggi del codice di Hammurabi è stato un dono infinito non solo per i giuristi, ma anche per gli storici: usi e costumi babilonesi emergono fra le righe scolpite, così da consentire una rappresentazione particolareggiata della città e della società.
C’è una modernità sorprendente in alcune norme, mentre altre suonano certamente primitive: fra queste, il giudizio affidato al fiume, laddove nemmeno il giudice riuscisse a stabilire una responsabilità. In caso di dubbio insanabile, l’accusato era invitato a buttarsi nel fiume: la sua incolumità avrebbe decretato anche la sua innocenza. Sorridono i ragazzi: la differenza poteva farla il corso di nuoto o l’impetuosità della corrente. Ma conosciamo bene il valore del fiume nelle culture antiche: l’Eufrate, a tutti noto, attraversava Babilonia e ne costituiva sorgente primordiale di vita e cultura… che a lui si affidasse il giudizio ultimo sulla vita e la morte non deve quindi meravigliarci.
Persino la nota legge del taglione (occhio per occhio, dente per dente) che a noi suona primitiva e crudele, in realtà fu uno straordinario superamento del codice della vendetta: non fu più lecito rispondere a un male con un male spropositatamente maggiore e più crudele: un dito rotto si vendicava “soltanto” con un dito rotto: evidentemente l’ira per un torto subito metteva in atto ritorsioni crudeli e spietate.
Molto moderna invece e la responsabilità dell’errore giudiziario:
Qualora un giudice esamini un caso, raggiunga una decisione, e presenti il suo giudizio per iscritto; qualora poi un appaia un errore nella sua decisione, e ciò dipenda da sua colpa, paghi allora dodici volte la multa da lui stabilita nel caso, e sia pubblicamente rimosso dal posto di giudice, né mai più vi sieda per rendere giustizia.
Ancora più sorprendente è una prima distinzione tra diritto penale e diritto civile: mentre i reati contro le persone non prevedevano sconti, la parola data era sufficiente in situazione di danno economico e il debito veniva rimesso:
Se qualcuno ha un debito per un prestito, e una tempesta danneggia i cereali, o il raccolto perisce, o i cereali non crescono per carenza di acqua; in quell’anno non ha bisogno di dare al creditore alcuna quantità di cereali, egli lava nell’acqua la tavola in cui è segnato il debito e non paga alcuna rendita per tale anno.
La pigrizia e l’incuria di un campo costituivano reato contro il bene pubblico e venivano punite con la perdita del diritto a lavorare!
Suscita apprezzamento l’insieme di leggi riguardante le donne e la loro fragilità di fronte ai desideri maschili. Di straordinaria modernità è la legge che stabilisce che:
qualora un uomo violenti la moglie (promessa sposa) di un altro uomo, che non ha mai conosciuto un uomo, e vive ancora nella casa paterna, e dorma con lei e sia sorpreso, quest’uomo sia messo a morte, ma la moglie è innocente.
Sappiamo bene che nel nostro bel paese, la prima donna ad essersi ribellata contro la piaga del matrimonio riparatore è stata Franca Viola nella Sicilia del 1965.
E quasi commuove la proibizione di ripudiare una moglie malata:
qualora un uomo prenda una moglie, ed ella sia colta da una malattia, se allora egli desideri di prendere una seconda moglie non ripudierà sua moglie, che è stata attaccata dalla malattia, ma egli la terrà nella casa che ha costruito e la sosterrà finché vive.
Dopo la lettura di questa sezione dedicata al diritto familiare alle donne, suona ancora più triste e incredibile che nelle terre ancora oggi bagnate dal Tigri e dall’Eufrate una legislazione miope e spesso violenta regoli la vita delle donne: ecco qua un altro assordante esempio di leggi illegittime…