
«FATE CHE I LUMI ACCOMPAGNINO LA LIBERTA’»

“MARCIA SU ROMA E DINTORNI”
LUNGHE ROTAIE DI CULTURA

Sincera ammiratrice di storiche istituzioni cittadine come Amsa, che cura lo smaltimento dei rifiuti, e ATM che gestisce il trasporto pubblico a Milano, qualche tempo fa sono corsa al Museo del Design a visitare la mostra «ATM Manifesto», dedicata alle campagne di comunicazione visiva dell’Azienda Trasporti Milanese, dagli anni Sessanta a oggi.
È nota a chi mi conosce e a chi segue le pagine di questo blog la mia spiccata inclinazione a guardare con simpatia e affetto al passato, alla storia del costume, della società, della cultura, ma questo sguardo curioso volto alle spalle, non avendo proprio nulla di nostalgico e malinconico, mi aiuta invece a sostenere una vigorosa lotta contro i detrattori del presente, gli eterni insoddisfatti che gemono seminando grigiore attorno a sé e gravando sulle vite altrui; persone incapaci di leggere il presente con quell’onesto distacco che consente di credere che ogni tempo ha avuto il suo bene e il suo male, che certi cattivi costumi affondano lontano le loro radici e che, piuttosto, radicata nell’uomo, c’è una bontà capace di guidare il progresso, una speranza capace di smuovere le montagne; c’è soprattutto il riconoscimento della possibilità di cambiare in meglio la realtà e quindi del dovere di essere motori e promotori di cambiamento buono.
Così è stata ed è ATM: motore e promotore di cambiamento buono, non solo materiale ma anche culturale, come insegna questa bella mostra. A pensarci, il potenziale dell’azienda è enorme: pare che quasi due milioni di persone viaggino ogni giorno su autobus, tram e metro. Questo significa che un solo messaggio che inviti al rispetto raggiunge contemporaneamente una infinità di persone, delle quali almeno qualcuna farà tesoro di una immagine o di una parola… usare un mezzo pubblico è relazione e i trasporti cittadini sono senz’altro una immagine molto eloquente della società. E infatti i passeggeri dei mezzi sono spessissimo oggetto dei nostri strali e delle nostre lamentazioni…
Sono tantissime le campagne con cui, negli anni, ATM ha cercato di sensibilizzare gli utenti alla cura e al rispetto del prossimo e dell’ambiente: le prime sono seriose e molto esplicite: inaugurata da poco “la rossa” – la linea 1 della metro, nel 1964 – sembra sia stato subito necessario spiegare quell’arcano segreto, per cui lasciare uscire prima di entrare è un vantaggio universalmente valido! E allora, non bofonchiamo che i ragazzi di oggi sono plebei: lo erano anche i ragazzi e, soprattutto, lo erano anche gli adulti degli anni Sessanta, gli unici che affollano le foto di quella compagna di comunicazione, ed è da allora che qualcuno cerca gentilmente di farli riflettere su una regoletta che, a ben pensare, ha del tautologico…
Lasciato il bianco e nero e le immagini reali, fra le campagne più esplicite, appare quella dal titolo geniale – PER MILANO CON TUTTI I MEZZI –, il cui ha protagonista è il simpatico tranviere Attilio, dal muso tondo che lo fa somigliare a un cagnone buono e paziente. Attilio invita a lasciare il posto a un anziano, spiegando che questo fa sentire più grandi; invita a non gridare, perché un autista possa fare il suo lavoro con calma e concentrazione, invita a buttare il biglietto usato e le cartacce nei cestini e chiosa dicendo che si superano tutti gli ostacoli con un po’ di gentilezza: “voi fate come me – suggerisce – sorridete per primi: è tutto più facile!” Sono così solidale e concordo così tanto con Attilio…
Si è ricorso, a un certo punto, ai personaggi Disney e ai fumetti per instillare educazione: in un grande manifesto, Topolino e Pippo, come archeologi, spiegano come sia tornata alla luce l’antica e mai estinta inciviltà di Befolk City, i cui discendenti, dalle fattezze normali, possono essere identificati facilmente sui mezzi pubblici per dei comportamenti inequivocabili: si piazzano davanti alle porte, danno gomitate e spintonano con gli zaini, non sono in grado di riconoscere gli anziani o le donne incinte e se ne stanno seduti a gambe larghe (!!), con il giornale spalancato, gridano e dicono parolacce, non usano le scale mobili in modo corretto e non tengono aperti i tornelli di uscita per il passeggero che li segue…
Questa campagna di cordialità per gli utenti dei mezzi pubblici fu ideata da ATM in collaborazione con una associazione dal nome interessante “Fraternità della strada” e con il Centro regionale Servizi didattici della Regione Lombardia. Correvano gli anni Ottanta.
Dati, evidentemente, sempre gli stessi problemi di maleducazione e mancato rispetto, è interessantissimo vedere come sia mutata nel tempo la modalità comunicativa per provare a porvi un argine. Ho cominciato la mia carriera lavorativa occupandomi per tanti anni di comunicazione e conservo da quel tempo una certa sensibilità di fronte ai messaggi promozionali e alla loro efficacia. In questa affascinante carrellata di manifesti educativi di ATM, mi sono fermata con grande meraviglia, quasi una certa commozione, su una campagna che credo risalga agli ultimi anni del secolo scorso, di cui purtroppo non ho ricordo di avere goduto in diretta…
Nessuna immagine, nessuna foto; solo cartelloni del caratteristico ‘arancione ATM’, alle estremità inferiori dei quali compaiono due metà di un mezzo pubblico, un autobus o un vagone della metropolitana, separati da una scritta: UNA STORIA DI CIVILTÀ È COME UNA STORIA D’AMORE, seguita da un invito esplicito che richiama la breve vicenda narrata nella parte centrale del manifesto. È potentissima l’idea che quelle due metà – che subito ricordano il Simposio platonico, con la bella favola degli esseri primigeni tagliati a metà, narrata da Aristofane – si possano presto unire per dare vita a un autobus intero…
Tre brevissimi testi, di cinque righe ciascuno, raccontano la storia d’amore. La prima dice:
le loro mani si sono sfiorate /appena, per caso.
i loro volti si sono guardati. / c’è voluto qualche istante
prima che timbrassero il biglietto
E qui l’invito è un garbato: ricordati di timbrare il biglietto.
I versi della seconda recitano:
lui fece sedere quell’uomo / dai capelli bianchi. Lei sorrise,
colpita da un gesto così semplice. / e passandogli accanto gli sorrise
di nuovo con gli occhi
Una storia di civiltà è come una storia d’amore, ricordati di lasciare il posto agli anziani e alle donne incinte.
E ancora:
dei ragazzini / stavano pasticciando il tram.
sia lui che lei / si intromisero per fermarli.
poi si guardarono e il loro cuori / si fermarono un istante.
Una storia di civiltà è come una storia d’amore, non scrivere sui mezzi pubblici.
Vorrei stringere la mano a chi ha ideato questa campagna che, senza nulla di chiassoso, senza supporto di immagini – lo ripeto, perché sarebbe impensabile oggi –, con una semplicità e una delicatezza sconcertanti, va dritta, o meglio, cerca di andare dritta, al cuore delle persone: credo fermamente che l’educazione, il rispetto del prossimo e delle cose, il coraggio della cura, il garbo rechino in sé una forza attrattiva che può sfociare davvero in innamoramento, inteso nel suo senso più ampio. Suggerire a un ragazzo “resta in piedi se sei giovane e bello”, come fa un altro cartellone ATM, è mille volte più efficace che ringhiare “quanto è cafone questo giovane che non si alza”.
Ricordo che, quando ero piccola, sui tram si raccomandava a lettere maiuscole di non bestemmiare e non sputare, cosa che turbava e meravigliava non poco il mio pensiero innocente. Che quella comunicazione sia scomparsa forse significa semplicemente che il fatto che uno bestemmi non importa più a nessuno: del resto, non si sente neanche più parlare sui mezzi (essendo novantanove persone su cento reclinate sul proprio cellulare e sul proprio universo) e sputare, effettivamente, mi sembra non si verifichi al momento. Non c’è stato un tempo molto migliore di questo.
L’educazione e il suo contrario sono contagiose: diversi esperimenti sociali hanno dimostrato come buttare una carta per terra riesca naturale in un posto sporco, mentre crea maggior imbarazzo in un luogo immacolato; si contraccambia spontaneamente un bel sorriso autentico anche di chi non si conosce, mentre un’auto lasciata in seconda fila sembra autorizzare tutti a formarvi dietro una lunga colonna…
Credo molto ai cerchi di bene che si irradiano dal sassolino buttato nell’acqua e, se anche è vero certamente il contrario, preferisco occuparmi di bene. La cultura, quella dei gesti, delle parole, così come quella dei libri può essere propagata all’infinito; le storie di civiltà sono sempre storie d’amore. Certo una grande responsabilità è nelle mani di chi, proprio come ATM, ha l’opportunità di raggiungere tante persone contemporaneamente, ma ciascuno di noi, da mattina a sera, come il tranviere Attilio, è un potenziale seminatore di Bene: non corriamo su rotaie, ma non credo sia necessario per trasmettere l’energia di un sorriso o di una parola buona, ieri come oggi…