
QUANDO LA LEGGE DÀ IL RITMO
UNA LETTERA DALL’INFERNO

Le metropoli ricche, sfarzose, orgogliose, nascondono nel loro ventre angoli di miseria assoluta, zone di ombra indissipabile che, inesorabilmente, nutrono la malavita e da essa sono nutriti, in un circolo vizioso di fronte al quale le istituzioni sembrano inermi.
Nella Londra di fine Ottocento, a pochi passi dalla sfolgorante City, nel fatiscente quartiere di Whitechapel, fra la fine di agosto e l’inizio di novembre del 1888, si consumarono cinque efferati delitti: cinque donne furono sgozzate, i loro corpi squartati. Il responsabile non venne mai alla luce. Lo chiamarono Jack The Ripper, lo squartatore. Un giorno di ottobre arrivò una lettera a Scotland Yard, nota come “lettera dall’inferno”.
Mattia e Gabriele, con i quali abbiamo letto, approfondito e cercato di interpretare questo inquietante episodio di storia, danno la loro versione dei fatti…
Londra-Whitechapel, 3 dicembre 1888
Il freddo tagliava l’aria come un coltello. I lampioni tremolavano nella nebbia e le strade di Whitechapel sembravano respirare piano, nascondendo sotto il loro manto infiniti segreti.
L’ispettore Fredrick Abberline sedeva alla sua scrivania, quando un agente entrò affannato, con una busta in mano: «È arrivata un’altra lettera, signore. Ma… questa è diversa!».
L’ispettore la prese, studiandola con lo sguardo. Nessun soprannome provocatorio, solo un mittente: J. the Ripper. Aprì subito la busta. La carta era ruvida, macchiata d’inchiostro, la grafia molto elegante. Non era come le solite lettere. Questa era… calma, e per la prima volta firmata.
«Egregio ispettore Abberline, dopo mesi di danza tra i vicoli e i vostri passi sempre dietro ai miei, è giunto il momento di concludere il nostro valzer. Non scrivo per vantarmi, né per sfuggire. Scrivo per svelarmi.
Ho compreso che la caccia era ciò che desideravo; il brivido di essere visto, senza mai essere catturato… ma ora che il mio riflesso è sbiadito nella nebbia e i giornali parlano di me come di un fantasma, sento un vuoto più profondo del Tamigi. Non desidero la gloria, solo che qualcuno mi guardi e dica: “l’ho visto, era reale!”. Domani, a mezzanotte, sarò alla stazione abbandonata di Shoreditch. Solo. Senza lama. Non per arrendermi, ma per essere visto. J.theR.»
Abberline fissò la lettera per lunghi minuti; il cuore gli batteva forte.
Il giorno dopo, la stazione abbandonata era immersa in un silenzio irreale. Nessun segno di Jack, solo un secondo foglio lasciato su una panchina: «hai guardato. ora sai che ero reale!»
Abberline non parlò mai a nessuno di quella notte. La lettera venne chiusa in un fascicolo e archiviata fra i casi irrisolti. Ma, ogni tanto, quando la nebbia tornava a strisciare tra i vicoli the Whitechapel, l’ispettore sentiva ancora quell’invisibile sguardo alle sue spalle. (Mattia R., III media)
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Era una buia notte, in una strada della nostra periferia londinese e stavo passeggiando. Ero ormai fuori servizio, quando intravidi una sagoma: era sicuramente un uomo, avevo il sospetto che mi stesse seguendo.
Presi il coraggio e provai ad affrontarlo. Scappò, ma lasciò cadere dietro di sé una lettera. Mi chinai, teso, per raccoglierla: ero assai preoccupato, visto che in polizia stavamo seguendo il caso di un uomo che uccideva in modo assai crudele delle prostitute: tagliate loro la gola, ne squarciava il ventre e ci rimestava dentro.
Tornai a casa con molta cautela, guardandomi attorno. Una volta rientrato nella mia abitazione, mi sedetti su una poltrona vicino al caminetto, presi il bicchiere e ci versai del gin. Mi misi comodo, aprii la lettera e iniziai a leggerla. Rimasi di stucco, quasi di pietra. Il bicchiere mi cadde dalle mani, era lui: Jack lo squartatore, come lo chiamavano tutti. C’era una confessione, le vittime, il modo in cui le sceglieva, il motivo per il quale lo faceva… ma non la sua identità! Diceva chiaramente di essere un ginecologo e che apriva il corpo delle donne per motivi lavorativi. Legalmente non era possibile farlo, e allora aveva preso questa strada: sceglieva le prostitute, perché avevano rapporti non sicuri e molto frequenti e a lui interessava capire che tipo di malattie avessero. In fondo alla lettera c’era un consiglio: «non dire nulla ai colleghi perché sennò farai una brutta fine, tu e tutta la tua famiglia».
La lettera era firmata col sangue: Jack. Sconvolto, uscii di casa. Non sapevo cosa fare, ero stanco e spaventato, e confuso… avevo così tante domande!
Mi diresti sul London Bridge… fu un attimo… pluff…. (Gabriele V., III media)