
DALL’ASSISTENZA ALL’AMORE, ATTRAVERSO L’AFFETTO

C’ERA UNA VOLTA LA SCUOLA MEDIA (parte 6)
PROMETEO (parte 1)

Così com’era, senza artigli, senza zanne, senza corazza, senza pelliccia, bassetto e striminzito, il povero Uomo difficilmente ce l’avrebbe fatta. Senza contare poi che, come se non bastasse, questo povero Uomo non solo non aveva alleata la natura, ma tanto meno gli dei e, in particolar modo, Zeus che tuona profondo, ben determinato a non donare agli uomini la facilità della vita, ossia a condividere con la stirpe umana i grandi benefici di cui godeva lui insieme alla sua olimpia corte. Per fortuna – per fortuna, davvero? – ci si mette di mezzo Prometeo, figlio del titano Iapeto, nipote del primigenio Urano. Prometeo, il mitico imbroglione, astuto e senza scrupoli, un po’ filantropo, un po’, diciamocelo, Bastian contrario e desideroso di gloria personale, ruba il fuoco durante un bel banchetto degli dei e lo consegna all’Uomo, suo protetto. E il fuoco, lo sappiamo, cambia tutto: perché illumina, donando ore di luce e allungando considerevolmente le brevi giornate primitive, e poi scalda, uccide, cuoce, fonde… Dono gigantesco alle creature puerili, che, come lo stesso Prometeo racconta nei versi eschilei a lui dedicati, prima di lui guardavano ed era un cieco guardare; udivano suoni e non era sentire, erano forme di sogni, la vita un esistere lento, un impasto opaco senza disegno. […] Tutto un darsi da fare senza lume di mente. Fu di Prometeo - e a loro bene — l’idea del calcolo, primizia d’ingegno e il sistema di segni tracciati, memoria del mondo e fertile madre di Muse.
E fu sua l’invenzione del giogo, delle imbarcazioni, dei mezzi e delle strade, dei medicamenti e dell’arte profetica. (Eschilo, Prometeo incatenato, 459 segg.)
Ma prima ancora di Eschilo, fu un altro grandissimo poeta greco a raccontare in versi esemplari e in ben due opere la vicenda di Prometeo. Si tratta di Esiodo, coevo di Omero: se Omero è personaggio avvolto nel buio della sua mitica cecità e nel mistero, la vita di Esiodo ci è nota grazie ai numerosi riferimenti autobiografici contenuti nelle sue stesse opere. La leggenda narra addirittura della partecipazione dei due autori a una gara di rapsodi, svoltasi sull’isola di Eubea, vinta proprio da Esiodo, il quale cambiò completamente il modo di fare poesia rispetto al mitico cantore dei grandi guerrieri e delle loro gesta. Le sue due grandi opere, infatti, abbandonando il mondo aristocratico e la tradizione epico-eroica cantata dagli aedi come intrattenimento, si calano con passione nella realtà, facendo di Esiodo la prima voce greca capace di esprimere convinzioni proprie, nate dall’osservazione della vita vissuta e dei suoi simili. Di Prometeo, Esiodo racconta sia nella sua grande Teogonia, sia ne Le opere e i giorni. Entrambe le opere si pongono un proposito pragmatico: raccogliere e sistematizzare l’abbondante materiale mitico che circolava oralmente nelle diverse tradizioni popolari, culturali, religiose per consegnare agli uomini un sistema ordinato e coerente di racconti e credenze cui fare riferimento. Così se la Teogonia organizza il divino, stabilendo una precisa cronologia e genealogia a partire dal Caos originale fino ai capricciosi dei olimpici, e alle unioni miste fra dee e uomini, Le opere i giorni organizza il sapere pratico in settori tematici e guarda al lavoro come unico luogo in cui l’uomo possa realizzare la propria dignità: giustizia e lavoro devono essere i cardini attorno ai quali ruota l’esistenza umana.
Appare evidente la personale predilezione del poeta per lo scaltro titano e appare altresì evidente come Prometeo possa occupare un ruolo importante in entrambe le opere. Prometeo, nome paralnte: προ-μανθάνω (pro-manzàno), dove il verbo ha significato di imparare e la nota preposizione ‘pro’ quello di prima ma anche al posto di, davanti a e a favore di, tutte cose che Prometeo realizza rispetto agli esseri umani: impara prima, davanti, al posto loro e a loro favore, bellissimo! Prometeo e progresso, guarda caso, fanno rima nella prima sillaba: il progresso – questa volta la parola è latina – è infatti il cammino in avanti, un cammino favorevole senz’altro, ma l’ambiguità e le ombre che questo grande vocabolo cela dentro sé ricalcano esattamente l’ambiguità e le ombre che tratteggiano il titano, apparentemente straordinario. Prometeo fa tutto per pura generosità veramente? Prometeo ha fatto i conti con la potenza di Zeus dagli eterni consigli? Ha usato mezzi consoni e opportuni per essere di giovamento all’uomo? Purtroppo no: Prometeo ha agito con l’inganno, ha agito anche per sfidare gli dei – macchiandosi dunque del terribile peccato di ὕβρις (hybris) noto da sempre agli accademici della Piccioletta barca –, ha agito senza prevedere e considerare tutti gli effetti e le conseguenze della sua opera buona. Non è forse questa anche la cifra esatta del progresso? Il progresso che ha portato l’uomo dall’invenzione della ruota alla conquista dello spazio, passando per il debellamento di tante malattie e la bonifica del terreno, l’istruzione dei popoli, non sta svelando proprio in questo nostro tempo, tutta la sua fragilità, la sua precarietà, finanche la sua pericolosità?
Colpa di Prometeo! Zeus adunatore di nubi non poté esimersi dal punire Prometeo per la sua tracotanza! Ed eccolo lì dunque il furbo titano: legato con tenaci catene a uno sperone roccioso e oppresso da un orrendo avvoltoio che durante il giorno gli divora il fegato che ricresce poi da capo ogni notte…
E non basta: anche gli uomini, destinati dal sommo padre, lo abbiamo già detto, a non avere vita facile, dovevano in qualche modo pagare la generosità accolta a piene mani. Ed ecco, con quel tocco di misoginia atavica che colora tanta parte delle mitologie e delle letterature antiche, che Zeus fulminatore fulmina l’umanità con il regalo dei regali, il dono dei doni: la splendida Pandora, la tutta doni, παν (pan) tutta, δώρα, (dora) doni, come dice il suo bel nome parlante:
Allora di terra formò l’illustre Zoppo (Efesto)
un’immagine simile a vergine casta secondo la volontà del Cronide;
la cinse e l’adornò la dea glaucopide Atena,
attorno alle dee Grazie e Persuasione signora
le posero collane d’oro, attorno lei
le Ore dalle belle chiome intrecciarono collane di fiori di primavera;
e ogni ornamento al suo corpo adattò Pallade Atena. (Le opere e i giorni, 70–76)
Magnifica dunque nell’aspetto e irresistibile la donna alla quale Efesto pose nel petto menzogne e discorsi ingannevoli e scaltri costumi! Ma Prometeo, che capisce le cose prima degli altri, mai avrebbe accettato un dono dagli dei; lo sa bene Zeus, padre dei numi e degli uomini, e per questo la donna viene offerta al fratellino tonto del Titano, Epimeteo che, a differenza del fratello, impara ἐπί (epì), dopo. Pandora offre al giovane un enorme vaso, lo scoperchia di sua mano ed ecco uscire e spargersi nel mondo
[…] tutti i mali che causano pianto.
Solo Speranza, come in una casa indistruttibile,
dentro all’orcio rimase, senza passare la bocca, né fuori
volò, perché prima aveva rimesso il coperchio dell’orcio
per volere di Zeus egioco che aduna le nubi. (Le opere e i giorni, 96–99)
C’è una sapienza e una consolazione anche nell’imparare dopo, povero Epimeteo! È bello l’ultimo intervento del feroce Zeus che fa chiudere il vaso prima che esca il dono infinito della speranza, l’unico che renda ragione alla fatica dell’uomo.
Il mito di Prometeo, bellissimo, ci insegna a immergerci nel progresso – elemento fondamentale e fondante del futuro – come in un mare splendido che richiede però, per sua natura, grande cautela e rispetto. Il progresso non è solo buono, né solo cattivo, come si gridano reciprocamente in faccia gli sfidanti del dibattito contemporaneo sterile e becero. Non è figura dai contorni netti e stagliati, ma dai margini sfumati e deboli; non è una autostrada a sei corsie, ma un sentiero di montagna che si arrampica fra strappi improvvisi e dolci declivi: si deve nutrire di coraggio e insieme di prudenza; di tenacia e arrendevolezza; di visione e di tradizione, di sogno e realtà. E come il progresso, come il futuro, così è la vita dell’umanità: non un urlo che si impone, ma un sussurro che suggerisce: si può imparare questa grande verità presto, come Prometeo, ma si può impararla anche dopo, con l’esperienza, e con i colpi inferti dal quotidiano, come Epimeteo… l’importante è imparare sempre e sempre sapere di non sapere. L’Accademia della Piccioletta barca è nata per questo.