
PENSATORI DEL CORPO…

I QUARANTA GIORNI DEL MUSSA DAGH
LA NOSTRA PRIMA A TEATRO

Il teatro non è solo qualcosa che si fa, ma è qualcosa che accade.
Lo hanno imparato i nostri ragazzi dell’Accademia, coinvolti in un bel progetto teatrale da “Improvvisa Compagnia” di Vignarello, che, sabato scorso, ha portato in scena lo spettacolo “d’acqua e d’energia” alla Scuola materna Madonna dei Poveri di Baggio.
L’incontro con il teatro arriva, per caso e mai per caso, nell’anno che l’Accademia dedica alla parola “energia”. Il teatro è energia della parola interpretata e agita, trasformata e trasformativa e il tema stesso della sceneggiatura è l’energia che incontra una delle pagine più dolorose della storia del nostro Paese.
Lo spettacolo nasce in occasione della chiamata di Marco Paolini, che con “Vajonts 23”, a ottobre scorso, ha visto oltre 500 riprese e riscritture, in Italia e nel mondo, del racconto della tragedia che, il 9 ottobre 1963, segnò il Vajont: 270 milioni di metri cubi di terra e roccia si staccarono dalla costa del monte Toc, precipitando nel bacino idroelettrico della Sade, sollevarono un’enorme onda d’acqua che travolse le rive e la valle sottostante, provocando la morte di duemila persone.
Sono passati sessanta anni, ma ci sono storie che si fanno più presenti e reali, più sono le voci che le raccontano nel tempo: “d’acqua e d’energia” è un lavoro che raccoglie le testimonianze di chi era in quei luoghi e in quei giorni e le intreccia alle voci e al movimento del coro, coscienza del presente, sentire collettivo, come avveniva nell’antico teatro greco.
Ed ecco il coro entrare nella sala, silenzioso, ordinato; occupare la scena, silenzioso, ordinato; a terra, silenzioso, ordinato; sollevare un telo trasparente, silenzioso, increspato; farsi battito d’onda, silenzioso e vibrato, che attraversa il pubblico, silenzioso e emozionato. Non servono parole per travolgere: l’acqua che ha travolto, travolge.
Il coro torna a danzare sulle note di “Sogna, ragazzo, sogna” di Roberto Vecchioni, tenendo tra le mani giornali, per dire che occorre consapevolezza per dare al mondo un’impronta diversa, ma che quella consapevolezza si nutre anche della forza del cuore.
“D’acqua e d’energia” non è solo una cronaca, è metafora e monito. Il racconto, sceneggiato e diretto da Gaetano Giribuola, Monia Mantovani e Nadia Gagliardi, attraversa la vicenda principale, la spinge a toccare memorie personali, per trarre spunti di riflessione universale. Ci ritroviamo, così, sul Ticino, nei ricordi di un Gaetano bambino, perché l’acqua è un bacino di diga, ma anche un fiume dell’infanzia, un bene comune, eppure conteso, controverso, sprecato, inquinato. La diga , l’acqua, il tempo, l’ecologia, la responsabilità di quel che si fa e della porzione di mondo che si abita, ricordando anche il crollo del ponte Morandi nell’estate 2018, vengono letti attraverso lo sguardo e le parole di scrittori che interrogano. Ascoltiamo Dino Buzzati nell’articolo che scrisse per il Corriere della Sera l’11 ottobre 1963: “un sasso è caduto in un bicchiere colmo d’acqua e l’acqua è traboccata sulla tovaglia…”. C’è l’altrettanto famoso articolo di Tina Merlin, stesso giorno, ma per l’Unità: “è stato un genocidio…”. Ma se, come dice Marco Paolini, l’acqua e la tragedia del Vajont diventano un punto di partenza per avviare pratiche di prevenzione civile, risuonano forti le parole tratte dal saggio “Le guerre dell’acqua” dell’attivista indiana Vandana Shiva e quelle più intime e poetiche di Chandra Candiani. Tiene attento e teso il pubblico l’alternarsi delle giovani voci di Elisabetta e Arianna che — fran! — recitano il brano dei quadri caduti ripreso da “Novecento” di Alessandro Baricco, mentre per parlare di acque che avvolgono e coprono risuonano le note de “La Cathédrale engloutie” di Claude Debussy, interpretata al pianoforte dal maestro Marcello Lazzara. Come viatico, chiude la narrazione l’elenco di cose preziose per l’essere, contenuto in “Considero valore” di Erri De Luca, scandito da Emma davanti al pubblico commosso.
Una lettura della realtà dialogando con i libri e con la grande musica. Questo è “d’acqua e d’energia” ed è quello che ogni sabato accade nella nostra Accademia: la sintonia tra noi e “Improvvisa Compagnia” è stata immediata. I ragazzi si sono lanciati nel progetto con entusiasmo e hanno trovato in Gaetano, Monia e Nadia chi ha saputo subito farli sentire parte di parole, idee e gesti importanti. Il teatro non è solo un’esperienza, ma un modo per conoscere e conoscersi, per ascoltare come risuonano le parole di valore, per mettere la propria voce e il proprio corpo a servizio di pensieri grandi, per scoprire il proprio coraggio e farsi portatori di storie, certo per non dimenticare, ma soprattutto, per comprendere e cambiare. I nostri ragazzi, a volte così reticenti nell’esprimere un pensiero, sempre sussurranti, a mezza voce, a mezza frase, si sono esposti sulla scena, hanno danzato, hanno preso il microfono e dato volume e consistenza alla voce, ai testi, sorprendendo, coinvolgendo, commuovendo.
E se l’energia è una forza che non si ferma, non possiamo che augurarci che il seme del teatro faccia germogliare nuove possibilità di crescita future.