
BERTINI E ESTERLE: DUE CENTRALI IN ESCLUSIVA PER NOI

LE REGOLE DEL GIOCO
SCOPERTA, ASCENSIONE, RIFLESSIONE, CURA

Quattro notti, quattro squadre, quattro equipaggi, quattro capitani, quattro portavoce.
E quattro parole, per raccontare la nostra vacanza estiva da poco passata. L’ultimo giorno, seduti in quattro cerchi, poco prima della partenza, ci prendiamo del tempo per ripercorrere i giorni, uno per gruppo, per fermare impressioni, ricordi, emozioni e per trovare, ogni gruppo, la parola giusta che tutto raccolga e tutto racconti: del resto, trovare parole giuste è il sapiente gioco che ci coinvolge ogni sabato mattina nella nostra Accademia, che proprio nella vacanza trova il suo degno coronamento!
Parliamo di scoperta. La prima: il Teatro Olimpico di Vicenza, bellissimo! L’afa della città fa quasi rimpiangere la nostra Milano. Madidi di sudore, entriamo nel maestoso edificio, dove la bellezza e la frescura ci danno sollievo immediato: scopriamo che il geniale Palladio, artefice del raffinato fascino di Vicenza, profondo e colto conoscitore dell’architettura, della tecnica e della storia antica, deve il suo nome d’arte a Pallade Atena, dea e maestra di sapienza, una garanzia! Scopriamo che le scene mozzafiato, costruite secondo le leggi della armonia e della prospettiva, rappresentano le strade di Tebe perché Edipo re, che noi ben conosciamo, fu la prima opera rappresentata in teatro nel 1585. Scopriamo la Chiesa di Santa Corona, con il dipinto di Bellini Il battesimo di Gesù, da qualcuno definito il dipinto più bello d’Italia. Il pappagallo rosso piace a Elisabetta e a Edu in modo particolare.
Scopriamo che anche Mattia, quello grande, è un formidabile architetto e falegname, che sa costruire un rifugio piuttosto solido con i rami caduti nel bosco. Scopriamo le squadre di cui faremo parte e la bellissima casa che ci ospita a Santa Giustina; scopriamo la sua direttrice, Irene, che ci commuoverà nei giorni per il suo affetto e la stima nei nostri confronti; scopriamo la disposizione nelle stanze che ci soddisfa piuttosto, perché abbiamo imparato a fidarci dei soci grandi che ci conoscono e pensano a lungo. Ed è così che Samuele, che all’inizio ha delle perplessità sul compagno di stanza che non conosce moltissimo, nel breve giro di qualche giorno, ne scoprirà i lati magici.
Ma non tutte le scoperte appartengono al primo giorno: nei successivi, scopriremo le Dolomiti, le montagne bianche – come nota subito sbalordita Yasmine – e puntute, con il maestoso Monte Civetta a farla da padrone e la Pale di San Martino sullo sfondo; scopriremo il dolce paese di Alleghe con il suo lago, della cui origine ci racconteranno le pagine del libro Il bel Paese, scritto nel 1876 dall’abate Stoppani, nostro illustre concittadino. Scopriremo i Cadini del Brenton nella Valle del Mis e poi Bassano del Grappa, con il suo ponte e la sua canzone. Scopriremo Barnabo delle montagne del bellunese Buzzati, che leggeremo ogni sera prima di andare a letto, guidati da Marcello con il suo modo serio e insieme divertente. Scopriremo che i ragazzi di Baggio possono diventare un piccolo coro alpino che si appassionerà al canto La penna dell’alpino, arrivando a interpretarlo a due voci. Scopriremo anche che Gioia è una grande ballerina di salsa e cercherà di insegnarla a tutti, ma nessuno le darà soddisfazione quanto Marcello; scopriremo che, al contrario, Davide detesta ballare ed è felice della vacanza con noi perché nessuno è obbligato a fare le cose che non vuole, come avviene in altri contesti; scopriremo che Mattia piccolo adora la sambuca e Gabriele la Monster, ma che è meglio non dargliela e che Lorenzo scrive racconti molto belli! E scopriremo compagni di Accademia che conoscevamo poco, caratteristiche inedite di qualcuno: per esempio che Stefano è un ragazzo terribilmente romantico… Chi viene per la prima volta, scoprirà che le vacanze della Pb sono sempre super!
Secondo gruppo, seconda parola: ascensione. È quella che ci impegna il secondo giorno, alla scoperta della Cascata della Soffia. Ci dicono che sia una passeggiata semplice e breve, ma lo sappiamo: le cose troppo semplici sono da bambini e nessuno ci tratta da bambini in Pb. E così Roberto, in testa al gruppo, di fronte a un bivio, imbocca deciso il sentierino di sinistra, sprezzante del largo, piano e agevole sentiero che prosegue dritto: una cascata non può che essere in alto! E comincia l’ascensione nel bosco… e che ascensione! Dice Mattia che le scale di casa sua sono un rettilineo in confronto! Si sa che, fra i soci, alcuni sono piccoli stambecchi (pochini, a dire il vero: forse solo David, la nostra longilinea gazzella che Marcello, montanaro fin nel midollo, vorrebbe subito trasformare in un campione di skyrunning!); alcuni, impavidi pesciolini; i più, tranquilli pedoni di città che con le ascensioni se la intendono poco. Ma la fatica in Pb è un valore e così, zitti, per risparmiare il fiato, saliamo, anzi, ascendiamo verso una meta sconosciuta: chi è davanti si volta alle retrovie e aspetta per ricompattare il gruppo; chi è dietro sente l’affetto e la solidarietà degli altri e procede con i suoi tempi… Improvvisamente, il bosco finisce e davanti a noi si apre un paesaggio bellissimo: polle di acqua limpida, rocce chiare e un ruscello che scende impetuoso, riempiendo l’aria di goccioline che formano piccoli arcobaleni. Come sempre, l’ascensione paga, soprattutto perché, in alto, ci siamo solo noi! Ci sediamo sulle rocce, gli intrepidi si tolgono gli scarponi e pucciano i piedi nell’acqua ghiacciata, godendo tutti insieme il profumo, la pace, il silenzio. Scendere non è meno problematico che ascendere, ma piano piano tutti ritorniamo alla base per scoprire che… ai piedi della cascata ci si arrivava in cinque minuti percorrendo il sentiero dritto e affollato davanti a noi! Non importa, lo spettacolo lassù è valso sicuramente la fatica dell’ascensione.
Un’altra ascensione ci accompagna, questa più dolce e lenta: è l’ascensione del monte del Purgatorio dantesco, in cima al quale un prestigioso premio attende la squadra che, di gioco in gioco, accumulerà i punti necessari per scalare le balze. Vinceranno gli Accidiosi con Roberto, seguiti dai Principi negligenti con Marcello; terzi gli Iracondi di Beatrice e quarti i Golosi di Lucia che, partiti alla grande, hanno subito nel trascorrere dei giorni una lieve battuta d’arresto…
Ascensione, ancora, è quella dello smilzo Gabriel che, nel gioco fisico del buco nero, spassoso per tutti (ma per Beatrice decisamente troppo fisico: continua a dirlo, ma Roberto ogni anno lo propone!), vola via per la forza centrifuga del cerchio rotante, esattamente come l’anno scorso era successo a sua sorella Brissa… Ma si rialza divertito e ogni giorno propone di giocare ancora.
Terzo gruppo, terza parola: riflessione. È quella potente del terzo giorno, dedicato alla visita di Longarone e della diga del Vajont, guidati da un uomo straordinario di novantuno anni, Bepi Vazza, superstite della tragedia dell’ottobre ’63, testimone inossidabile, cantore coraggioso degli eventi, del prima, del durante e del dopo.
L’intera giornata è stata riflessione pura: di quanta forza dispone un uomo, quanto dolore e quanto male riesce a gestire e a elaborare senza diventarne vittima! Bepi Vazza ci ha accolto e ci ha guidati nella storia e nei suoi eventi come fa un nonno con i suoi nipoti – e infatti subito ci dice di avere un nipote che, proprio come molti di noi, ha appena terminato gli esami di terza media. Ci fa tanto riflettere il modo in cui, oltre ai fatti, è capace di raccontare lucidissimo le sensazioni fisiche di quella terribile sera: “mi pareva di correre, ma non toccavo terra; il rumore non lo sentivi con le orecchie, usciva dalla terra, ti entrava dai piedi e ti attraversava il corpo, fino a farti scoppiare la testa”. Ci fa riflettere il fatto che non si renda più disponibile a guidare adulti e turisti, ma lo sia sempre per i ragazzi come noi, perché noi siamo il futuro, noi siamo artefici di cambiamento!
Ci fanno riflettere le flessuose lamelle di acciaio appese, una accanto all’altra, nel museo, a formare un rivestimento della parete: ognuna di loro rappresenta una vittima, quelle bianche i bambini mai nati; ci fanno riflettere le fotografie, i pensieri, le preghiere appese sulle pareti; gli oggetti recuperati ed esposti a testimoniare l’arresto improvviso e irreversibile della vita quotidiana. Ci fanno riflettere le lacrime del Bepi, che chissà quante volte sgorgano dai suoi occhi pieni di immagini di orrore. Ci fa riflettere l’imponenza della diga che abbiamo percorso sotto un forte temporale, anche noi come immersi nell’acqua che tutto ha distrutto; e la bellezza stupefacente della gola sottostante ci fa dolorosamente riflettere: a non sapere nulla della tragedia, sembra di essere in un paesaggio di fiaba, donato all’uomo con affetto perché se ne prenda cura… Ci fanno riflettere i millenovecentodieci cippi marmorei bianchi, uno per ogni vittima, e le undici lastre di metallo dove, in ordine alfabetico, sono riportati i nomi delle vittime. Ci fa riflettere Edu, che ha chiesto a Lucia se potesse abbracciare Bepi al momento del congedo…
Tornati a casa, in collegamento mondovisione con Vignarello, abbiamo raccontato agli amici di Improvvisa Compagnia, le impressioni sulla giornata e, insieme a loro, abbiamo riflettuto sulla nostra esperienza di teatro: quali sensazioni abbiamo riconosciuto vedendo i posti dal vivo? Cosa rifaremmo uguale e cosa invece cambieremmo nello spettacolo? Quanto diversa sarebbe la nostra recitazione, ora che abbiamo camminato sulla diga e parlato con un superstite?
Riflessione è quella che portiamo avanti, di sera in sera, con il nostro Dante che ci parla di giustizia, come di un qualcosa che non si dà dall’alto, ma si costruisce giorno dopo giorno, mettendoci la faccia.
Dopo cena — avvertiti solo il giorno prima perché neanche i grandi lo sapevano -, siamo stati noi a offrire spunti di riflessione a un gruppo di amici di Irene la quale, felice di avere conosciuto la Piccioletta barca, ha invitato una ventina di persone per renderle partecipi della sua bella scoperta: siamo stati noi a presentare il nostro Centro! Elisabetta, Arianna, Stefano, Brissa — già brillanti presentatori durante la festa degli Amici della Pb a maggio — e Chiara (che, parlando invece per la prima volta, ha commosso tutti i grandi!) hanno raccontato bene ogni nostra attività a un pubblico sbigottito che ci ha posto tante domande e alla fine ci ha chiesto se fossimo ragazzi o ninja… Siamo ragazzi normali e, dopo la bella serata, abbiamo fatto un’ultima grande riflessione cui dà parola Arianna: raccontare a persone che non conoscevamo quello che per noi sembra ormai scontato, come ringraziare, gioire del bello, chiedere per favore, ci ha fatto pensare che siamo molto fortunati! Abbiamo anche donato il nostro libro del Futuro a Irene e venduto diverse copie ai suoi amici (business in business…)
E così arriviamo all’ultima parola, che davvero riassume e raccoglie tutto: cura!
La cura di Irene nei nostri confronti è commovente, fin dal primo momento! Sul nostro sito, ha letto che Beatrice ama i fiori rosa e così, ogni sera, fa trovare sui tavoli della cena un vasetto con bellissime ortensie rosa! E la sera del compleanno di Virginia (che nel pomeriggio ha offerto il gelato a tutti), Irene alla fine della cena fa entrare una squisita crostata di frutta, grande come il suo cuore. Gioia, che è allergica alla frutta secca e deve fare attenzione a tutti i cibi, fa una scorpacciata di torte ogni mattina, come mai in vita: in quelle torte c’è tutta la cura delle cuoche che le preparano con le loro mani badando a non commettere la minima disattenzione. L’ultima sera, il menù della cena è tutto dedicato a noi ragazzi: pasta al pesto e poi wurstel con patatine fritte e torta finale e, su ogni tavola, una bella bottiglia di Coca Cola! Applaudiamo le cuoche con affetto, le ringraziamo per la loro cura e, al momento della partenza, sapremo da Irene che le signore erano dispiaciutissime e avrebbero voluto che ci fermassimo tutta estate.
Terminata la cena, è ancora Irene protagonista di una cura commovente nei nostri confronti: a ognuno di noi dona un segnalibro chiuso in un delizioso sacchettino; e per la Pb, un libro di un autore amico del luogo e anche un quadretto di legno, dove è dipinta una balena che vola lontano sorretta da un palloncino rosso a forma di cuore e dice: “ovunque tu vada, vacci con tutto il cuore.” Lo appenderemo in sede appena rientrati…
Perché la cura è fatta di cuore! Di cuore e di testa… La cura è un pilastro di questa vacanza, certamente, ma lo è di tutta la vita in Piccioletta barca. Qualcuno di noi è capace di una cura attenta e silenziosa, come Matilde, che ricorda sempre tutto quello di cui abbiamo parlato. E i soci grandi ci insegnano e ci esortano sempre ad avere cura gli uni degli altri e, per questo, Elisabetta, sotto la pioggia, prende sotto la sua mantella Gabriel che ha dimenticato la propria; per questo, Gabriele si preoccupa di chiedere a Elisabetta se vada tutto bene, quando un pomeriggio la vede insolitamente pensierosa e solitaria; e Chiara e Stefano coinvolgono nei loro giochi Matilde che ogni tanto si apparta con il suo libro; e Brissa si preoccupa della discesa impegnativa di Lucia…
Cura fa rima con cultura e, per questo, come tutto, può essere insegnata e può essere imparata! Di questo noi, soci grandi e piccoli della Pb, siamo assolutamente certi e, forti di questa nuova strepitosa vacanza, proseguiamo il nostro percorso alla scoperta di cose grandi e sempre nuove, che ci aiutino nella nostra ascensione verso i picchi della vita e nella riflessione su suoi infiniti segreti, perché sempre più cresca la nostra cura nei confronti gli uni degli altri e del mondo!