
IL PESO DELLA LEGGE

IL VISIBILE E L’INVISIBILE DELLA LEGGE
SEGUI GLI ETRUSCHI E I ROMANI

La prima volta che ho scritto di noi sul blog, la prima volta in assoluto di me scrittrice direi, raccontavo della nostra prima lezione di latino in Piccioletta barca, tenuta con grande orgoglio dalla maestra Beatrice che più di tutti ama insegnare ai suoi ragazzi l’importanza delle parole e la loro etimologia.
Eravate i futuri primi liceali del nostro centro, i primi che avrebbero continuato a crescere con noi per lo meno, vi chiamavamo EPICI e in voi vedevamo il futuro della PB e forse, egoisticamente, il nostro primo grande successo.
Tu, caro Mattia, avevi appena compiuto tredici anni e con grandi perplessità e ripensamenti eri giunto a scegliere una scuola superiore professionale che poco ti si addiceva in verità e che il latino non lo prevedeva neanche, eppure qualcosa ti teneva attaccato a quel nostro giovedì da latinisti in erba. E tu, cara Elisabetta, battagliera di natura sapevi già dalle elementari di voler diventare magistrato; impensabile era quindi per te esimerti dalla conoscenza del latino, materia fondamentale che per lungo tempo ti avrebbe accompagnata durante gli anni che ti si prospettavano tra i banchi di un importante liceo classico milanese.
Osservarvi oggi, già sedicenni e con alle spalle scelte coraggiose che hanno cambiato il vostro percorso, vedervi diventare dei futuri adulti responsabili, sentire direttamente dalle vostre voci la gratitudine per il cammino che abbiamo fatto insieme, suscita in me quell’orgoglio quasi materno che sfocia in un’unica riflessione: questi ragazzi stanno crescendo bene!
Adesso che avete imparato a studiare da soli, a scegliere con consapevolezza le vostre amicizie, a essere gentili e rispettosi con gli altri (lo siete sempre stati in verità), a saper ringraziare per il bene ricevuto e soprattutto a saperlo restituire ai più piccini, ora che le basi sono state gettate, continuo a pensare a cosa io possa ancora donarvi della mia esperienza da adulta.
Potrei spiegarvi che è importante apprendere bene un buon metodo di studio oggi perché farà di voi dei lavoratori organizzati e performanti domani, potrei spronarvi a ritagliarvi del tempo, durante le vostre giornate da studenti liceali, per fare volontariato e occuparvi degli altri, e sicuramente lo farò!
Ma in questo momento il mio pensiero volge più verso qualcosa che coniuga cultura e divertimento: vorrei tanto trasmettervi la bellezza del saper organizzare le proprie vacanze e lo farò raccontandovi dei brevi ma intensi viaggi che tutti gli anni mi concedo, in giro per l’Italia, durante quella famosa traversata da Milano a Grammichele e viceversa.
Ecco, quindi, il VADEMECUM del giovane viaggiatore, direttamente redatto dalla bambina più grande della PB:
- I regola: porta il VADEMECUM con te! — non dimostrare di non aver capito l’etimologia della parola (vade = vai, mecum = con me)
- II regola: scegli un buon compagno di viaggio, i momenti divertenti saranno certamente molti, ma è in coda nel traffico, quando hai ormai perso la sensibilità alla caviglia destra per le numerose frenate e ripartenze, che apprezzi maggiormente il tuo copilota. Se poi oltre ad essere tuo amico è anche un buongustaio come te, c’è tutto un percorso culinario da pianificare, per ciascuna regione del nostro bel paese, a partire dalla colazione in albergo.
- III regola: segui gli Etruschi e Romani, sono dei giganti della storia e per me sono imbattibili
- IV regola: informati sui luoghi che hai intenzione di visitare per evitare di girovagare spaesato, se hai imparato qualcosa dalle nostre vacanze insieme, studia! — come fanno Beatrice e Roberto.
- V regola: diffida dai siti che titolano: “<nome città>: cosa vedere in tre ore!”. Mi chiedo sempre come si possa quantificare il tempo di visita di un monumento, una chiesa, un parco. Limitati ad indicarmi i punti di interesse: sarà mio diritto trattenermi in un posto il tempo che reputo opportuno, o no?
- VI regola: sii curioso e felice di conoscere nuovi posti e gioca a immaginare come sarebbe stata la tua vita se fossi nato lì, magari in un’altra epoca storica.
- Ultima regola: cerca la vecchina seduta a guardare il passeggio, in ogni luogo ce n’è una, generalmente ti guarda male ma, se le sorridi, molto probabilmente ti offrirà la sua benedizione e la giornata migliorerà di certo.
Con queste poche indicazioni in tasca, anche quest’anno, assieme al mio amico Paolo, di ritorno dalle vacanze estive, abbiamo spezzato la nostra traversata verso il nord, fermandoci in Umbria e, precisamente, a Todi.
Avevamo già scoperto alcune perle umbre questa primavera, durante le vacanze pasquali, spinti dal desiderio di visitare i luoghi francescani. Il nostro caro amico Maurizio, insegnante liceale e appassionato d’arte, durante le nostre scarpinate per le indimenticabili vie umbre - un “sali” e “scendi” che non vi dico — , ci insegnava a riconoscere le costruzioni in pietra rosa del Subasio, come la bellissima basilica di Santa Chiara ad Assisi; ci elogiava le grandi opere romaniche per l’approvvigionamento dell’acqua, come la cisterna romana su cui fu elevata la torre campanaria del Duomo di S. Rufino, con i suoi centotrenta gradini che ricordo singolarmente, uno per uno; ma il racconto che ci ha più entusiasmati, tanto che ancora oggi Paolo e io giochiamo a riconoscerle, fu quella delle mura umbre, inizialmente di mano etrusca, che si intrecciavamo abilmente con quelle di manufatto romano. Pensate che gli etruschi costruivano le mura con grandi blocchi di pietra, finemente lavorati, il cui incastro perfetto, senza nessun tipo di materiale collante, permetteva di creare strutture solide e stabili. È invece da attribuire all’architettura romana l’utilizzo della malta e dei noti mattoni rossi.
Giunti davanti all’arco Etrusco di Perugia, questo minuzioso racconto sulle differenti tecniche di costruzione fu lampante ai nostri occhi. Un maestoso arco, costruito nel IV secolo a. C. con enormi lastre di travertino chiaro, si incastrava perfettamente tra blocchi di mattoni rossi, integrati nel 40 a.C. a seguito di una ristrutturazione, voluta da Augusto, dopo la sua vittoria nella guerra di Perugia.
Quella vacanza era stata culturalmente intensa e ricca grazie alla generosità di Maurizio, ma non sempre abbiamo la fortuna di avere una guida al nostro fianco e a Todi dovemmo cavarcela da soli.
Todi è un sorprendete comune, nel cuore dell’Umbria, che soffre un po’ la vicinanza di città ben più conosciute, come Perugia o Orvieto, che forse tendono ad offuscarne la notorietà.
Devo confessarvi che la scelta è caduta su Todi principalmente per la sua vicinanza all’autostrada, tentiamo sempre, Paolo e io, di non allontanarci troppo dalla strada maestra, che ci porterà a Milano il giorno successivo, così da poter apprezzare la città il più possibile, nel purtroppo limitato tempo che abbiamo a disposizione.
Bene, non potevamo fare scelta migliore, e ora vi spiego perché!
Era un afoso giorno di fine agosto, di quelli che non vedi l’ora che arrivi l’autunno, ma per fortuna il pensiero di esplorare nuovi luoghi leniva leggermente il caldo e la fatica fisica. Sapevamo che uscendo dall’autostrada, in meno di un’oretta, avremmo raggiunto il nostro B&B, un meraviglioso castello del XV secolo.
L’ultimo pezzo di strada, solitamente, sembra sempre il più lungo ma, quel pomeriggio, inaspettatamente, riconoscere dai cartelli stradali marroni i tanti luoghi che avevamo visitato e annotarne di nuovi per i prossimi viaggi rese quell’ultimo tratto spassoso.
Trascorremmo la serata piacevolmente, passeggiando tra le vie del centro e godendo di una deliziosa cena che ci venne servita su un’intima terrazza da cui era possibile ammirare un panorama pazzesco.
Quella sera il nostro unico obiettivo fu rilassarci e identificare l’info point della città e il suo orario di apertura: l’indomani saremmo stati i primi della fila, e così fu!
Biglietto combinato Tutta Todi
- Cisterne Romane di Todi
- Museo civico e Pinacoteca di Todi
- Terrazza e Chiostro delle Lucrezie, Museo Lapidario
- Casa Dipinta di Todi
- Campanile di San Fortunato di Todi
Con un semplicissimo biglietto cumulativo e una cartina della città, in cui avevamo evidenziato il percorso più veloce per raggiungere i cinque punti di interesse, avevamo Todi in mano!
La gentile ragazza addetta all’info point, dopo averci informato sull’orario della prima visita guidata — verso cui ovviamente noi ci precipitammo‑, out of the blue si toglieva il cappello di informatore turistico per vestire quello di guida turistica e, offrendoci un suggestivo percorso nella Todi sotterranea, ci accompagnava a visitare uno dei più grandi monumenti di ingegneria idraulica: le Cisterne Romane!
Esattamente sotto le strade di piazza del Popolo furono infatti realizzate, nella seconda metà del I sec a.C., due grandi cisterne sotterranee, fondamentali a quell’epoca per raccogliere e depurare l’acqua piovana e sorgiva e rifornire l’acquedotto della città.
Solo una delle due, ad oggi, è aperta al pubblico e la sua scoperta è a dir poco affascinante. La cisterna fu infatti rinvenuta casualmente nei primi anni 90, durante i lavori di restauro di una tabaccheria. I proprietari dell’esercizio commerciale, appassionati dell’ipogeo di Todi e appartenenti al gruppo speleologico della città, dopo aver trovato una crepa sul pavimento che sottendeva ben sei metri di acqua, si calarono nell’insenatura scoprendo una cisterna romana preziosissima.
Per nostra fortuna l’accesso alla cisterna è oggi permesso attraverso delle piccole rampe di scale che, seppur strette e buie, non richiedono alcuna dote speleologica.
La voce della guida ci accompagnava durante la nostra discesa, descrivendoci la complessità ingegneristica delle dodici cavità che costituivano la cisterna, tutte comunicanti per evitare che l’acqua stagnasse. Utilizzando cemento e sassi di fiume, le cavità venivano rese assolutamente impermeabili e da lì partivano quattro Km di cunicoli che, attraverso ben cinquecento pozzi, permettevano di rifornire tutta la città.
All’interno della cisterna un’installazione moderna, costituita da quattro colonne di acqua elettronica, rievocava l’antico tragitto per l’approvvigionamento della città.
Vi dirò cari ragazzi, non amo molto questa commistione tra antico e moderno; l’immaginazione, se lasciata libera di scorrere, non necessita di artifizi digitali per rievocare immagini del passato e io, anche senza ascoltare il rumore artificioso dell’acqua, mi immaginavo in delle belle vesti romane, affacciata ad un profondo pozzo la cui acqua limpida rifletteva la mia immagine, intenta a guardare il mio amico Paolo che tirava su l’acqua con un grosso secchio di legno.
Adesso che ho suscitato in voi la curiosità, segnatevi questa interessante meta e scoprite da soli le altre bellezze di questa piccola cittadina o di qualunque altra abbiate voglia di visitare. Non vedo l’ora di poter ascoltare i vostri racconti e magari, un giorno, sarete proprio voi ad organizzare un bel viaggio nella vostra terra madre, e a farmi da guida tra le meraviglie della vostra amata Romania.