
LUNGHE ROTAIE DI CULTURA

L’ARMONICA DEL SOLDATO
“MARCIA SU ROMA E DINTORNI”

Con un salto temporale di un secolo e mezzo, dalla luce radiante dell’Illuminismo ci spostiamo nelle tenebre odiose e sanguinarie di fascismo e nazismo, i quali, guarda caso, una volta saliti al governo, non esitarono a reintrodurre la pena di morte, faticosamente contrastata e felicemente abolita sia in Germania che in Italia. Guarda al passato Beccaria, ma dolorosamente anticipa il futuro quando scrive: «Apriamo le istorie e vedremo che le leggi, che pur sono o dovrebbon esser patti di uomini liberi, non sono state per lo più che lo stromento delle passioni di alcuni pochi, o nate da una fortuita e passeggiera necessità». Come dire: la Storia non sembra mai essere maestra di vita!
Fascismo e nazismo ebbero le loro leggi, eccome! L’ascesa di fascismo e nazismo seguì, seppur subdolamente, le vie legali: il partito fascista e il partito nazional socialista dei lavoratori tedeschi vinsero e stravinsero le elezioni politiche e i loro leader poterono assumere il controllo dei loro paesi a testa alta. Fascismo e nazismo promulgarono leggi di morte, di violenza, di sopruso… ma pur sempre leggi, tanto che chi non le rispettava compiva delitti e subiva pene inaudite.
A guidarci nel buio dei totalitarismi è sempre la luce della letteratura, in particolare il piccolo libro dal finale folgorante Reunion, scritto nel 1971 da Fred Uhlman, pittore, avvocato e scrittore ebreo tedesco, allora settantenne. Il romanzo fu pubblicato in Italia nel 1979 con il titolo, forse meno felice, L’amico ritrovato e insieme a Un’anima non vile e Niente resurrezioni, per favore, forma la Trilogia del ritorno.
Ma a guidarci nella luce del romanzo e nelle tenebre di quel tempo sono soprattutto, per la prima volta in assoluto, gli Accademici di terza media che, con coraggio, hanno accolto la proposta di vestire loro i panni di relatori a beneficio di tutti i compagni: il tema è parte fondamentale del programma di Storia di terza media e l’opportunità di cimentarvisi è preziosa. Pur titubanti, tutti hanno esposto la loro parte davanti agli amici in una formula ben lontana dall’interrogazione a scuola, fatta per assicurarsi un voto e non certo per rendere i compagni partecipi delle proprie scoperte e delle proprie riflessioni: «oh raga(zzi), vi racconto una cosa importante di storia che ho studiato, un libro che ho letto e scoperto!»: capita spesso questa felice circostanza?
Per approdare in modo consapevole alla trama e al significato del romanzo, è stata come sempre necessaria una approfondita introduzione del contesto storico. Inedita è stata anche la cornice di questa nuova Accademia: abbiamo infatti trascorso tutti insieme un fine settimana ad Armeno, sul Lago d’Orta, ospiti di una bellissima casa di corte, e un accogliente salone con grandi finestre sul giardino ha ascoltato le nostre storie e le nostre riflessioni.
Parlando, proprio come facciamo noi grandi, con l’ausilio di presentazioni preparate e sistemate nelle settimane precedenti, Mattia ha aperto l’Accademia, raccontando l’ascesa del fascismo in Italia.
Di questo triste fenomeno, sottolineiamo insieme come radice certa ne sia stato lo sfacelo materiale e soprattutto morale seguito alla Prima guerra mondiale: la gravità di una guerra non è da valutare solo contando i morti e le distruzioni, ma considerando i danni irreparabili che essa produce in chi le sopravvive. Mutilati, scemi di guerra, vedove e orfani, soldati che dopo il congedo non sanno più trovare una collocazione nella società: questa è anche la guerra, ogni guerra, e di questa deriva triste e pericolosa, sempre foriera di nuovo male, dovremo occuparci oggi e domani, quando finalmente le guerre attuali avranno termine almeno sulla carta. Come teorizzato da molti storici, le origini del fascismo vanno cercate nella disfatta di Caporetto, in quell’insensato massacro che ha ucciso, imprigionato, e lasciato in vita migliaia di uomini senza più arte né parte. Non è valso a nulla che la guerra sia proseguita e, in fin dei conti, sia stata vinta: la vittoria fu mutilata – lo sappiamo bene – e il male che derivò da questa vittoria fu pari certo a quello che sarebbe scaturito da una sconfitta. Le vittorie talvolta sono così: Pirro lo insegna già nel 279 a.C.!
La pletora di sbandati, assetati di sangue, carichi di violenza come molle, incapaci di tornare a una tranquilla vita civile, perdendo prerogative di comando e senza alzare le mani su nessuno, costituì la miserrima platea, cui l’ingegno diabolico e folle di Mussolini seppe astutamente rivolgersi per creare le sue nere squadre. Lui, Mussolini, non alzò mai una mano contro nessuno e durante la marcia su Roma, il 28 ottobre del 1922, era barricato a Milano nella sede del suo giornale, circondato da una fitta barriera di reticolati. “La marcia ha così inizio col comandante che sta fermo e si cinge di filo spinato” – racconta Emilio Lussu nel suo capolavoro Marcia su Roma e dintorni nel 1931. I complici dell’ascesa al fascismo sono moltissimi, non ultima l’impacciata monarchia che non fece altro che danni… Lungi dal dichiarare lo stato d’assedio, così come richiestogli dal capo di governo e così come desiderato dalla maggioranza degli Italiani, il re nel giorno successivo alla marcia, invia a Mussolini l’invito telegrafico di formare il governo. Più legale di così…
Tocca ora a Gabriele raccontarci quel miracolo di comunicazione efficace che fu la propaganda, senza la quale il fascismo sarebbe stato un fuoco di paglia. Ci focalizziamo sulla scuola e sulla stampa per ragazzi e sull’associazionismo. Gabriele racconta la riforma della scuola e la revisione dei programmi scolastici: non solo la Storia subisce affronti inauditi, ma l’astuzia ideologica dilaga in ogni dove, crea il manuale per i piccoli Il primo libro del fascista e Il secondo libro del fascista per i più grandicelli, riuscendo persino a inquinare la matematica, dove protagonista di problemi e operazioni è sempre il duce e il suo entourage: “3 + 3 + 3 = 9 balilla”; “un braccio alzato + un braccio alzato = io, noi, a noi!”. Si arriverà presto al libro unico di Stato.
La riforma del ministro dell’educazione nazionale Bottai, già operante nel ’38, viene resa esecutiva nel febbraio del ’39: il fascismo punta tutto sulle generazioni più giovani; con la nuova carta della scuola, l’età politica e l’età scolastica vengono a coincidere. Gli studenti dai sei ai ventuno anni sono obbligatoriamente inseriti nelle organizzazioni civili del regime, la Gil e il Guf e la partecipazione a tutte le adunate costituisce servizio scolastico al pari dello studio.
Perché i regimi mettono sempre le loro pesanti mani sulla scuola? Perché i bambini sono gli uomini di domani e i soldati del futuro esercito, risponde Gabriele senza esitazione. Sorridiamo insieme, svelando ai ragazzi che, in fondo, anche la Piccioletta barca ha ragionato così: pensata inizialmente per i ragazzi della scuola media, nel tempo si è resa conto dell’urgenza di estendere l’invito ai bambini di quarta e quinta elementare e poi a quelli di terza: prima cominciamo a instillare nei cuori la passione per il sapere, a raccontare storie preziose, ad abituare al confronto su temi importanti, meglio è: onestamente, il ragionamento non fa una piega! Quanto è importante la scuola, quanto sarebbe importante metterla al centro di ogni politica e di ogni programma sociale!
Gabriele ci racconta anche dell’editoria per ragazzi e dell’importanza dei fumetti come veicolo di propaganda: proibiti tutti i personaggi e i giornalini esteri, resiste solo Topolino per disposizione precisa del duce. Matilde, cresciuta in ambiente anglosassone, interviene nel racconto di Gabriele spiegandoci come Topolino avesse in realtà una radice razzista e si ispirasse al genere comico americano Black face, in cui gli attori bianchi si dipingevano la faccia di nero, imitando gli afro americani in modo stereotipato e becero, anche nell’abbigliamento, particolarmente nei guanti bianchi. Persino la canzoncina che Topolino fischia all’inizio dei suoi film è tratta da questo genere e per questo, sembra, raccolse le simpatie di certa parte della popolazione poco incline all’inclusione.
Particolare è il caso di Dick Fulmine, rissoso eroe dai tratti del pugile Primo Carnera, emblema di forza e di italianità. Un divertente aneddoto riguarda la mascella pronunciata di Dick, troppo somigliante a quella del duce che sappiamo bene stava sempre “a mento in su”: non gradendo la somiglianza, il duce ordinò che si trovasse una soluzione e così in una puntata del fumetto, il povero Dick si schiantò con la moto e dovette subire una lunga operazione che ne cambiò i connotati, dando al suo mento una forma più anonima. Il racconto di Gabriele, dopo avere citato radio e cinema, sfocia nella storia della leggendaria Opera Nazionale dei Balilla, di cui spiega anche l’origine del nome: Balilla era il soprannome di un ragazzino ligure che a metà del 1800, a Genova diede coraggiosamente avvio a una sassaiola contro un manipolo austriaco, costringendolo alla fuga. Preparazione ginnica, esercitazioni e parate in occasione di ogni possibile anniversario impegnarono bambine e bambini italiani orgogliosi e certo ignari del messaggio di cui venivano fatti portavoce: crescevano inquadrati e intruppati, non potendo certo disporre di strumenti intellettuali propri per pensare autonomamente. Libro e moschetto, fascista perfetto!
Tutto nella propaganda fascista fu legge, non certo paterno consiglio: leggere e studiare in altro modo, guardare altri film, ascoltare altra radio divenne delitto passibile di pena!
Ci spostiamo in Germania, ed è Viola ora che ci parla dell’ascesi del nazismo, la cui matrice non si discosta di molto da quella fascista. Più ancora che l’Italia, la Prima guerra mondiale piegò la Germania allo stremo. Il Trattato di Versailles portò la popolazione tedesca al collasso con una superinflazione che ebbe raramente paragone nella storia. Umiliati, poveri, disoccupati e oggetto di odio da parte del resto del mondo, gli uomini tedeschi divennero facile preda della folle megalomania di un misero imbianchino austriaco, di nonna ebrea per giunta, che unitosi quasi casualmente nel 1918 al partito dei lavoratori tedeschi, il DAP, ne divenne presto il leader e lo ribattezzò nel 1920 partito NAZIonal sociaIiSTA dei lavoratori tedeschi, dandogli fisionomia fortemente nazionalista, antidemocratica e pangermanista.
(continua…)