
LA PESANTEZZA DELLA SEMPLIFICAZIONE

L’ACCADEMIA DELLA DOMENICA
LA STANZA DEI BAMBINI È VUOTA

Poco ne sapevo e pochi erano i pittori che conoscevo fra quelli annunciati. Ma quando si va a una mostra con curiosità e desiderio d’ ascoltar, si impara sempre tantissimo: si guadagna una chiave che apre cento nuove porte. È quanto cerchiamo di insegnare ai nostri ragazzi da sempre.Fu il critico tedesco Franz Roh, fotografo e appassionato d’arte, a coniare nel 1925 questo straordinario ossimoro, accostando un sostantivo tanto solido e terreo a un aggettivo flessuoso e aereo. Si tratta di un vero e proprio movimento artistico-culturale che, dalla pittura, si muove verso la letteratura scrivendo – questo l’ho imparato a casa la sera, approfondendo il tema per conto mio – alcune fra le pagine più straordinarie del romanzo del Novecento: da Marquez, Allende a Borges e Sepulveda; da Kundera e Kafka a Gogòl; e, nel nostro bel paese, Buzzati e Calvino, amici da sempre — sarà un caso? — della Piccioletta barca.
Nato fra le due guerre come reazione alle esuberanti avanguardie storiche, il Realismo magico guarda indietro e, in Italia, torna alla compostezza della classicità rinascimentale del Trecento e del Quattrocento. Protagonista del movimento è la realtà: precisa, curata nei minimi particolari, chiara e ben definita; scenari immobili, colori ben delineati, contorni netti. Ma è davvero così la realtà? Circoscrivibile e afferrabile, compiuta, esplicita? Non lo è, non lo è mai e per questo interviene l’elemento magico, l’atmosfera incantata, sospesa, l’invisibile che ogni uomo porta con sé, chiedendo al mondo di non fermarsi alla superficie ma di andare sempre oltre, di esercitare lo sguardo a bucare l’apparenza…
Fra tutte le stanze sorprendentemente belle e ben curate — con emozione ritrovo quadri del mio amato Carlo Levi: li avevo visti solo nella sua casa di confino ad Aliano, cuore dello straordinario Cristo si è fermato a Eboli – mi trattiene con il fiato sospeso, guarda caso, la stanza dei bambini.

La stanza dei bambini è vuota recita il cartellone che ne illustra il contenuto: “capolavoro assoluto e perno di un’interpretazione inquietante e volutamente deformante del tema dell’infanzia è Bambini che giocano di Cagnaccio di San Pietro (pittore veneto, che non conoscevo, uno dei massimi esponenti del movimento), a cui fanno da corollario altri ritratti caratterizzati dalla solitudine stupita determinata da un gioco interrotto e non consolatorio, come il raffinatissimo Mio figlio di Fritz Silberbauer. È un’infanzia che ha la consapevolezza esistenziale degli adulti: feroce, ma, insieme, sola e indifesa come le loro madri. […] Questi artisti hanno il coraggio di scavare nell’intimità familiare, nel mondo di un’infanzia testimone del ‘male di vivere’, ed è per questo che, ormai, la stanza dei giochi è vuota”.
La vita è concreta e reale, dura e faticosa per alcuni assai più che per altri, ma la quotidianità di ognuno è intrisa di elementi misteriosi e sorprendenti, inattesi, il più delle volte insperabili: sono quelli che un occhio adulto appassionato scorge negli occhi dei bambini; sono quelli che noi cerchiamo negli occhi dei nostri piccoli soci, appigli cui ci aggrappiamo per fare emergere il bello e il buono che c’è sempre, anche quando la stanza dei giochi è vuota. La Piccioletta barca nasce e cresce nel realismo magico: per questo la mostra deve avermi chiamata a sé con forza. Guardiamo al di là di facciate grigie e sgretolate e troviamo famiglie attente e ambiziose, per i loro figli almeno; guardiamo al di là di famiglie complicate e sofferenti e troviamo ragazzini pieni di domande e di voglia di vivere; guardiamo al di là di occhi smarriti e impauriti e troviamo menti e cuori vivaci e in ricerca; guardiamo al di là di menti e cuori irrigiditi e apparentemente immobili e troviamo la potenza e la magia del desiderio di ascoltare… ci basta questo.
La mostra “Realismo Magico”,a cura di Gabriella Belli e Valerio Terraioli, è in programma a Palazzo Reale, Milano, fino al 27 febbraio di quest’anno.