
DIS-ORIENTAMENTO

LUCIA, TU TERENTIA ES
IL DESIDERIO NON È POSSESSO, MA DONO — parte 1

Un successo da festeggiare, una cena, un gruppetto di amici seduti in cerchio e, dopo mangiato, secondo un costume dei Greci che è diventato piacevolmente nostro, un buon bicchiere di vino e una bella chiacchierata. Il medico Erissimaco, dopo avere consigliato moderazione nel bere, propone di parlare di Eros e di farne a turno un elogio: mentre poeti e sofisti celebrano da sempre eroi e dei, del povero Eros sembrano non occuparsi mai.
Eros con la E maiuscola (Ἔρως) è certamente il noto dio che incarna il sentimento amoroso, mentre eros scritto in piccolo (ἔρως) è sostantivo che designa l’amore, ma anche il desiderio. Eccoci qui ad ascoltare, imparare e a provare a unirci ai grandi ospiti di Agatone per dire la nostra, pur piccioletta.Comincia a parlare Fedro che loda Eros come il più bello e il più antico di tutti gli dei, l’unico per il quale si arrivi a donare la vita. Fedro dice bene, ma è solo un retore e, come sempre, bisogna andare più a fondo nelle cose complesse della vita.
Ci portano oltre Pausania, filosofo sofista, ed Erissimaco, medico e scienziato. Con loro le cose si complicano e scopriamo che esiste un desiderio buono e un desiderio cattivo, un Eros celeste e un Eros volgare, proprio come esistono parti sane del corpo, che desiderano cose buone, e parti malate, che si alimentano di veleni. Con sapienza da medico, Erissimaco ci spiega che la salvezza non sta nell’accrescimento smisurato del desiderio, ma nell’equilibrio che si può raggiungere tra i desideri buoni e quelli cattivi. Non facciamo certo fatica a scoprire nella nostra vita stessa il fascino e la seduzione del male: già lo scorso anno, Agostino ci ha insegnato che spesso ciascuno di noi è «un enigma a se stesso».
È ora il turno del grande commediografo Aristofane che, attingendo al mito, racconta: all’inizio del mondo, gli uomini erano molto diversi da quelli che sono oggi. Eravamo esseri completi, androgini (maschi e femmine insieme), con due paia di gambe e due paia di braccia, due teste, due volti e due generi. Il Padre degli dei, temendo la nostra arrogante potenza, ci ha separati con un taglio netto in due parti, ciascuna delle quali è condannata a cercare in eterno la metà che la completi. Il desiderio, allora, nascerebbe proprio da questa mancanza, da questa incompletezza e sarebbe una sorta di punizione. Certo, c’è del vero: insieme si è sempre più forti, eppure uno dei ragazzi non ci sta proprio all’idea che, senza qualcun altro, siamo incompleti. Il rischio è quello di ridurre il desiderio a una necessità, a un bisogno, al riempimento di un vuoto. E la libertà dove va a finire?Agatone, padrone di casa, ha diritto a un discorso più ampio e non cerca i motivi, piuttosto si impegna a descrivere Eros poeticamente:
«Io dico che fra tutti gli dei che sono felici, Eros è il più felice di tutti, perché è il più bello e il più buono (…). Eros è anche il più giovane degli dei (…) per sua natura odia la vecchiaia: (…) sta sempre con i giovani, è giovane». Noi che siamo davvero giovani, non ci rassegniamo facilmente alle sue parole: la giovinezza ha a che fare con la testa e il cuore, è una cosa che non si misura con gli anni, obiettano i ragazzi.
«Oltre ad essere giovane è delicato (…) sono delicati i suoi piedi, infatti non tocca la terra, ma cammina avanzando sopra la testa degli uomini (…). Cammina, non sul duro, ma sul molle, (…) infatti pone la sua dimora nei cuori e nelle anime degli dei e degli uomini. (…) Neppure in tutte: se incontra un’anima dura, non vi entra». Queste immagini ci danno molto da pensare. Per esempio, siamo certi che il desiderio abbia a che fare con la mente, con l’immaginazione, con il pensiero e non solo con i bisogni primari. Ci chiediamo anche se sia vero che esistono anime ‘dure’, in cui Eros non riesce a entrare. Su questo tema si apre un bel dibattito: siamo tutti d’accordo, però, nel dire che ogni uomo ha, sotto sotto, qualche cosa di morbido. Alcuni non lo vogliono dire, perché temono di apparire deboli. Altri non lo sanno dire, perché non sono abituati a dare voce alle cose più profonde. Ci sono anche, dice il più piccolo tra noi, persone che non sanno nemmeno riconoscere ciò che è nascosto in loro. Forse, svelarlo, è uno dei compiti del desiderio.
Ci sono due ultime caratteristiche di Eros che Agatone canta. Egli è flessuoso: si insinua in modo inaspettato, talvolta si impadronisce di noi quasi senza chiederci il consenso. Al contempo, però, egli è leggero, si posa sui fiori, è sedotto dalla loro delicatezza e dalla loro bellezza ma si avvicina senza sciuparli, senza sgualcirne i petali.
Anche noi vorremmo imparare e non scordare mai la grandezza di Platone, che lascia spazio a voci differenti, a sguardi talvolta persino opposti (come quelli di Agatone e di Aristofane). In questo modo, non solo non semplifica mai la realtà, ma è anche in grado di generare interlocutori, crea una sapienza ospitale, in cui ciascuno ha diritto di parola. Non è certo un caso che il nostro sabato mattina prenda il nome dalla scuola che egli ha fondato, molti secoli fa, alla periferia ovest della capitale della cultura antica.
Ultimo a parlare è Socrate… (continua)