
LA FATICA, LA LIBERTÀ, LA VITA

MA, ALLORA, DI SHAKESPEARE COSA DICONO?!
MAMMA, HO L’ANSIA

Lo capisco bene figlio mio! Cerco sempre di starti vicino, di rincuorarti e darti forza, ma non è facile neanche per me vivere questo tempo che un po’ mi costringe a fingere. Non è facile da anni ormai.
La pandemia! Neanche i tuoi nonni, che pure hanno vissuto la guerra, i bombardamenti, le sirene e i rifugi sotterranei ricordano un tempo così strano: nessuno, né giovane, né medio, né vecchio era minimamente provvisto delle risorse interiori per vivere una emergenza così strana. Abbiamo reagito tutti, all’inizio con coraggio e una punta di retorica nazionale, persino mondiale. Momento difficile, ma nuovo; una prova, una sfida che richiedeva coraggio e determinazione, disciplina e fratellanza, sacrificio e generosità: tutte virtù che, all’inizio, ci hanno quasi lusingato, ci hanno fatto sentire un po’ eroi d’altri tempi. E sentirsi eroi dà senso alla fatica. Ma è durato poco. La seconda ondata già ci ha infastidito: bel gioco dura poco, lo sappiamo. Il pugno che arriva inatteso generalmente fa più male del colpo cui ci si prepara, eppure la prima botta è stata di potenza tale da non lasciare forze per attutire la seconda. Letteratura infinita si è impegnata a individuare la fascia di età più sofferente: i bambini piccoli, no gli anziani, no i giovani… ognuno, come sempre accade, ha sciorinato teorie psicoanalitiche tanto valide, quanto inutili.
Ho visto piangere te, piccolo bimbo della scuola materna, pieno di voglia di amichetti improvvisamente spariti senza che tu potessi capire fino in fondo il perché. Ho visto piangere anche te, alunno di seconda elementare, incapace ancora di comprendere il meccanismo della scuola, quando, passando per un corridoio, ti sei accorto stupito che nell’edificio c’erano altri bambini come te, che però non ti era dato di conoscere, neanche di incontrare in cortile. Ho visto chinare il capo avvilito a te, ragazzo della scuola media, stanco di restare chiuso in camera, di fronte a uno schermo. Ho visto crollare te, liceale in fiore, incredulo, smarrito, solo come un cane e anche te, giovane universitario, privato del fascino e della gioia delle grandi aule, dell’allegria di un panino in compagnia nei chiostri antichi, delle regole dello studio silenzioso in biblioteca.
Ogni tanto qualche tregua, poi la pandemia è finita, peccato che non sia vero, non è finita neanche adesso, quando abbiamo tutti “ricominciato a vivere normalmente”. Ri-cominciato rispetto a cosa? Niente ri-comincia, questo è il dramma che genera la tua, la mia, l’ansia di tutti! Niente ricomincia, mentre tutto comincia da capo: ricominciare vorrebbe dire tornare là dove qualcosa si è interrotto, come eravamo, al punto preciso della vita e di noi stessi in cui il covid, come l’eruzione del Vesuvio, ci ha sorpresi, travolti e sepolti. Impossibile, lo sai e lo sappiamo bene. Si tratta di cominciare da capo, facendo i conti con il dolore, con l’incomprensione e con la paura, con il ricordo e con l’incertezza, con la rabbia e la frustrazione: sei un figlio del covid, di te parleranno i libri di storia!
Mi dici che hai l’ansia? Meno male che, almeno, sai dirlo, tu che sei grande abbastanza per riconoscere un sentire e dargli un nome, per scriverlo a caratteri cubitali su quel muro, in cerca di catarsi! Il tuo fratellino, quello dell’asilo, quello delle elementari, persino quello delle medie non è ancora in grado di distinguere un battito aritmico del suo piccolo cuore, non sa guardarsi dentro e non sa come si chiami quel male strano che gli occupa il petto e che gli fa ancora ritrarre le antenne e la testolina nel fragile guscio, al primo contatto con qualcosa di sconosciuto.
Mamma ho l’ansia! E come potresti non averla, figlio mio?
“Facciamo che era finito il covid” – come dicono i bambini quando giocano. Si scommetteva su una umanità più umana e fraterna, si contava su ristori e altisonanti piani nazionali di ripresa e resilienza, pesanti migliaia di miliardi di euro, si sognava un boom come quello dei mitici anni Sessanta… E invece? Invece la guerra a destra di casa: insensata, piena di boria, di bugie, di interessi economici e politici travestiti da ideali patriottici da una parte e dall’altra, uguali! E ancora morti: è crisi umanitaria. Passata di moda la guerra, che non seguiamo quasi più, ecco il tempo del caro bollette: è crisi energetica; del caldo torrido: è crisi ambientale; della siccità: è crisi idrica; del crollo dei mercati, dell’inflazione alle stelle: è crisi finanziaria, crisi, sempre e comunque crisi! Il presente ti fa paura, il futuro non osi neanche immaginarlo, te lo stanno distruggendo gli adulti con le crisi di cui riempiono di idioti i talk show, di ansia il tuo quotidiano, di incubi le tue notti.
Ma noi fermiamoci un momento insieme, figlio mio! Sai cosa vuole dire crisi in verità? Sai qual è la storia di questa parolina? Una parola greca, krìsis, che significa scelta, discernimento, capacità di giudizio, interpretazione. Fermati con me e rifletti: la crisi non è un momento di fronte al quale soccombere e disperarsi, ma un momento di fronte al quale discernere, giudicare, interpretare, scegliere. Ora, cerca di discernere pazientemente, con l’umiltà e la fatica necessarie, il vero dal falso, il ridondante dall’essenziale. Spegni i social, leggi un libro e cerca nella sapienza dei grandi una sapienza grande per la tua vita. Giudica le persone, i fatti, le parole, non farti avvelenare da adulti a caccia di scoop; interpreta gli eventi, misurali confrontandoti con persone di fiducia, coetanei e adulti, e poi scegli! Scegli sempre e comunque di vivere al pieno delle tue possibilità: non al di sopra, ma neanche al di sotto; scegli di credere al vero e al bello, scegli di continuare a sperare nella intelligenza buona dell’umanità. Hai radici profonde ancorate al bene di una promessa di vita. E per quanto riguarda il tuo cuore invaso dall’ansia, non tirare inutili righe, non fare conti, dannosi alla tua età, dannosi sempre; non proibirti sogni, non impedirti rischi, non sottrarti a tentativi.
Non hai finito di crescere, non si finisce mai e
se qualcosa ti si oppone e ti strazia, lascia crescere: ciò significa che metti le radici e ti trasformi. Benedetto il tuo tormento che ti fa nascere: nell’evidenza non si dimostra e non si raggiunge nessuna verità. […] Tu sei colui che si effettua. E se saprai scoprirti ramo dondolante, attaccato saldamente al tronco, nelle tue oscillazioni assaporerai l’eternità. (A. de Saint-Exupéry)