
SII COME LO ZIO JOE!!!

MARMOLADICEA
LE STELLE DI MILANO

Comunque anche a Milano si possono vedere le stelle, che credete?! Poche, certo, niente di paragonabile agli straordinari panorami cosmici che state cercando di conservare nella memoria dalle vostre vacanze, dalle vostre notti in montagna, in collina o al mare; qui: lo scarso numero consentito dai neon, dalle insegne, dalle vetrine, dai lampioni, da questo rumore luminoso, peraltro non privo di fascino, che ci riempie gli occhi.
Poche ma forse per questo più preziose per chi le guarda, come sono preziose le cose a disposizione di chi ne possiede in minima quantità, le cose che compongono una forma di povertà; e pietose, anche, in qualche modo compassionevoli nel loro essere poche, nel loro mostrarsi con parsimonia, quasi si intenerissero di tutta questa nostra fragilità feriale, volessero accompagnarla, non infierire con la dismisura infinita dello spazio, delle stellate in cui lo sguardo si smarrisce incantato.
Le stelle a Milano le si può guardare dai parchi, da alcune strade e piazze più buie, da alcune zone periferiche e anche da qui, da questo grande cortile, più enorme che grande, vasto come una piazza d’armi. Qui dove una volta, ormai quasi cent’anni fa, sorgeva una grande fabbrica di materiale tramviario e ferroviario il cui corpo centrale, danneggiato dai bombardamenti durante il secondo conflitto mondiale, al termine delle ostilità venne demolito, creando dunque un ampio spiazzo, tuttora circondato dagli antichi edifici industriali ristrutturati.
Adesso dietro i mattoni a vista e le finestre immense gli ambienti sono adibiti perlopiù a spazi espositivi mentre il cortile ospita manifestazioni di vario genere e in questa sera di fine estate un concerto di pianoforte, inserito all’interno di una rassegna che ha consentito ai milanesi di godere per quattro mesi di esibizioni musicali gratuite.
Il pianista, Federico Medaglia Schonfeld, per quanto già pluripremiato, è giovanissimo; alto e molto magro, timido e impacciato, in camicia e pantaloni neri che ne accentuano la magrezza. Esegue un programma intrigante la cui pregevole esecuzione avremo modo di apprezzare. Si comincia con un preludio e fuga di Šostakóvič, composto a cavallo tra il 1950 e il 1951, che guarda inequivocabilmente a Bach dall’aria plumbea e feroce degli anni staliniani e si continua con una sonata di Beethoven cui fanno seguito dei sorprendenti e tormentati notturni di Schumann dalle sfumature allucinate per terminare, prima del bis che convoca un più prevedibile Chopin, con l’ipnotica Toccata op.11 di Prokofiev.
Ascolto il primo brano compostamente seduto su una delle sedie di plastica ordinatamente sistemate per il pubblico ma poi non resisto alla tentazione: mi alzo, mi allontano quel tanto che basta per non disturbare nessuno e mi prendo il lusso del tutto inusuale di assaporare un concerto camminando avanti e indietro e fumando all’aria aperta. Come prevedibile, per qualche attimo mi distraggo anche, mi guardo intorno incuriosito. Su una panchina sotto un lampione accanto a uno degli edifici è seduto un uomo solitario che guarda fisso davanti a sé. Perché è lì? A cosa sta pensando? Quante domande. Sempre domande. Troppe domande.
Dopo la seconda sigaretta decido di affrontare il ridicolo che attende al varco la mia goffaggine e raggiungo mia moglie sulle strambe poltrone a sacco, simili a quelle che tormentavano il povero Fracchia, poste proprio davanti al palco. In qualche modo riesco ad accomodarmi anche se dopo un po’ finisco per ritrovarmi più disteso che seduto ed ecco allora comparire davanti ai miei occhi le stelle. Sembrano farsi largo a fatica tra l’oscurità e le luci.
Distinguo l’Orsa Maggiore cui manca però uno degli elementi e poi altri astri sparsi che non so riconoscere, non essendomi mai deciso, nonostante i buoni propositi, a impararne nomi e posizioni. Eccole lì, incomprensibili sino a ferire e, quasi sottolineate dalla musica, come sempre magnetiche, incantatrici oltre ogni perché, irresistibili per noi lillipuziani che finiamo per aggrapparci alle loro luci remote e astruse con ogni più piccola fibra della nostra piccola mente.
*L’articolo è già comparso sulla rivista Alibionline.it che ringraziamo