
CHI STUDIA MUSICA COLTIVA BELLEZZA

UTOPIA, UNO SGUARDO CAPACE DI RIDERE DEL MONDO
CINQUE PIETRE PER COSTRUIRE LA LEGALITÀ

La riflessione su Agostino, la città di Dio e la città degli uomini, il bene e il male, sfocia come per una felice congiunzione astrale, in un importante incontro dedicato alla mafia. È di poche settimane fa la notizia dell’arresto del super latitante Matteo Messina Denaro, notizia alla quale abbiamo dedicato il piccolo spazio settimanale riservato all’attualità: i ragazzi conoscono qualche nome, qualche fatto, ma non è chiaro per loro cosa sia davvero la mafia, come sia nata e come dilaghi ora nel mondo. Reputiamo importante, credendo al valore di offrire ai ragazzi una pluralità di voci autorevoli e specializzate, invitare a parlare l’amico Rosario Pantaleo, Consigliere e Presidente della Commissione Antimafia del Comune di Milano, che conosciamo da quando la Piccioletta barca è ancorata al porto di Baggio, condividendo con lui passione e ideali educativi. Accetta subito con piacere, fissiamo la data, ma non ci accordiamo prima su cosa dire ai ragazzi, né su come svolgere l’incontro. Ed è incredibile, e anche un po’ commovente, come, nel fluire del discorso di Rosario, emerga una sintonia di intenti che potrebbe fare pensare che anche lui sia socio della PB da sempre, socio fondatore persino! Perché le parole di quest’uomo, politico da sempre, baggese di nascita e di vita, pacato e retto, suonano una melodia identica a quella che ogni settimana inonda il nostro salone di Accademia: nessun video, nessun audio; nessuna strabiliante presentazione in power point, nessuna immagine truculenta, nessun racconto sanguinario. Eppure i ragazzi, incatenati e incantati, lo ascoltano parlare con tono pacato e sobrio di conoscenza, cultura, senso di responsabilità.
Per cominciare il suo racconto, Rosario non parte, come sempre accade in questo caso, dall’Unità d’Italia e dalla Questione meridionale, ma va indietro, sempre più indietro, fino a quel Paradiso terrestre dove, per breve tempo, tutto andava meravigliosamente bene. Ma molto presto ci fu una trasgressione, la prima di una serie infinita: la storia del mondo è fatta da sempre di regole e di trasgressioni delle regole. La linea di demarcazione tra ciò che è giusto fare e ciò che non va fatto è netta: chi è più dotato, più potente, più ricco degli altri ed esercita questa superiorità non con la saggezza e a favore di tutti, ma in modo violento e a vantaggio di sé e dei suoi è sempre colpevole: non c’è mai del bene in nessuna associazione che eserciti prepotentemente il potere. Tommaso Buscetta, mafioso di grande peso, intelligente, capace, stimato anche dai suoi avversari, nel 1984 divenne collaboratore di giustizia, dichiarando di non condividere più la nuova “cosa nostra” poiché, a suo dire, aveva perso la sua vera identità; le regole non erano più quelle dei suoi tempi, quasi a dire che la mafia, dopo una prima fase più nobile e significativa, si sia poi guastata. Non è così – dice Pantaleo -: sempre, fin dall’inizio della loro storia, le associazioni mafiose sono negative, una mafia buona non è mai esistita! Tutti coloro che affrontano la società con la violenza non hanno valori positivi. Questo è un primo richiamo forte ai ragazzi!
Dal suo sorgere, dopo l’Unità d’Italia, la pianta della mafia è stata velenosa, maligna e infestante. È cresciuta nutrendosi di complicità e connivenze. Le mafie prosperano perché qualcuno, dall’altra parte, non fa il proprio dovere. Non bisogna sentirsi mai lavati da ogni colpa: un politico che non fa il bravo politico, per esempio, è connivente con le organizzazioni criminali, che lo sappia o non lo sappia.
Ognuno di noi, se non fa seriamente il proprio piccolo dovere nel suo piccolo campo, non danneggia solo se stesso, ma l’intera collettività. Non basta non fare: se io trascuro lo spazio di cui sono chiamato a occuparmi personalmente, esso non resta semplicemente incolto ma, facilmente, cade nelle mani di qualcuno che ne farà quello che vorrà. Se non facciamo il nostro dovere, la nostra apparentemente insignificante mancanza coinvolgerà chi ci sta accanto. Se un uomo uccide un’altra persona, uccide anche i genitori, la famiglia, gli amici. Il male che accade non è mai finito in se stesso, ma è una mala pianta che cresce e si inerpica sugli altri. Se muore un magistrato muore un pezzo di Nazione. Se muore un poliziotto, muore un pezzo di Stato.
Non fare bene il proprio, dunque, significa dare spazio al male. Secondo grande richiamo per i ragazzi.
Accanto al non fare, poi, c’è il non dire: “non vedo, non sento, non parlo” è il tristemente famoso adagio che alimenta il crimine, è l’omertà che fertilizza la pianta del male, è l’indifferenza che consegna il mondo al male. Non a caso, INDIFFERENZA è la parola scolpita anche al binario 21 della Stazione Centrale di Milano: perché nell’indifferenza generale, partivano i treni carichi di Ebrei diretti ai campi di concentramento.
L’indifferenza ha portato milioni di morti innocenti. Negli anni Settanta e Ottanta, l’Italia visse la terribile stagione del terrorismo, i bui anni di piombo e in quella situazione così complessa fu coniato uno slogan: “né con lo Stato né con le Brigate rosse”. Falso. Impossibile: se non prendi una posizione nei confronti del male, sei complice del male. Quindi: tutto è sempre affare mio, anche se non mi coinvolge direttamente. Terzo richiamo.
Ciascuno di noi è chiamato a essere responsabile come uomo e come cittadino, a imparare a distinguere il bene dal male. E come si fa a imparare? Cultura e conoscenza sono l’unica via che permette di distinguere il bene dal male. Le organizzazioni criminali vivono e prosperano sull’ignoranza. È il quarto bellissimo monito ai ragazzi.
Quando qualcuno ci aiuta a capire come stanno le cose e a diventare colti – cioè a sapersi fare tante domande, non a imparare a memoria tante nozioni – acquisiamo il metodo per analizzare la realtà e discernere se una cosa è giusta o è sbagliata. La consapevolezza delle scelte che ciascuno di noi è chiamato a fare è importante, non bisogna nascondersi dietro l’alibi della cattiva informazione, della non conoscenza, giustificazioni che non stanno né in cielo né in terra.
“Va’ in fondo a te stesso” – è l’ultimo appello rivolto con passione a ogni piccolo socio – se vuoi diventare una donna o un uomo veramente adulto, autentico, portatore di grandi valori. Per avere le risposte giuste dalla vita, interroga il mondo e ascoltalo e poi va’ verso te stesso: lì troverai la verità; la verità genera giustizia; la giustizia è l’unico strumento autentico di pace.
Grazie caro Rosario!