
DANTE NEL MONDO DEI BAMBINI

IL SOGNO, TEMA DI BOOKCITY 2023
COME SI DIVENTA VUOTI?

Sbaglieremmo a semplificare troppo il messaggio di Fahrenheit 451, riducendolo a una critica alla tecnologia, a una visione distopica del futuro pessimistica e arrabbiata. Certo, Bradbury porta con sé l’eredità di anni difficili: la fine della guerra, i totalitarismi, lo spettro del nucleare, il timore che i valori umani siano travolti dal velocissimo sviluppo della tecnica. Scrive negli anni del maccartismo, in cui negli Stati Uniti una censura soffocante passava al setaccio tutti, libri compresi, per stanare le “influenze comuniste”, negli anni in cui la tecnologia entrava nella vita quotidiana, nelle cucine e nei salotti. La storia si svolge in un mondo incui tutto questo è esasperato: i pompieri bruciano i libri, la vita dei cittadini è veloce, senza mai una sosta (si viene multati se, in automobile, si procede a meno di 80 km/h), circondata da immagini televisive che saturano lo spazio di casa.
Eppure, c’è, nel libro, insieme a tutto questo, un senso di tenerezza, di riscatto, di amore per la vita che va ben oltre il pessimismo e la nostalgia, perché rappresenta una possibilità sempre aperta, anzitutto per conoscere se stessi. Nella città del futuro, dominata dalle luci elettriche o dai roghi dei libri, Montag, il protagonista della storia, incontra una luce molto diversa: si tratta di Clarisse (chiara, proprio come la luce), una giovane ragazza cresciuta in una famiglia “diversa”. Dalla casa dove vive insieme ai suoi cari non emana la fredda luminosità degli schermi, ma la calda bellezza luce di una famiglia in conversazione. Il primo passo di Clarisse nei confronti di Montag è l’invito ad alzare lo sguardo per vedere la luce della luna. La luna non è una luce qualunque: Montag significa lunedì, il giorno della luna; la luce che Clarisse gli indica non è un’altra luce, ma è la sua, quella che splende per lui, ma anche quella che arde in lui. In mezzo a un secolo terribile, superficiale e assassino, Montag sarà capace di trovare la sua luce; lentamente, in modo anche molto goffo, uscirà da quel mondo per scoprire che il bene può emanare da lui.
Una domanda risuona all’inizio del romanzo, nelle bellissime conversazioni: «come si diventa vuoti?». Come siamo diventati così vuoti, come abbiamo perso la nostra personale luce? Sbaglieremmo a pensare che le vittime del mondo di Fahrenheit 451 siano i libri: le vere vittime sono siamo noi, la vera vittima è la nostra luce che smette di risplendere. La vittima è la moglie di Montag, totalmente instupidita dai programmi interattivi dei grandi schermi; la vittima è la città stessa, privata delle relazioni umane e dei tempi lunghi necessari a coltivarle. Sarà questa consapevolezza ad accelerare drammaticamente il cammino di Montag: insieme ai libri, lui stesso ha finito per contribuire a bruciare esseri umani. Una sera succede proprio questo: chiamato con la sua squadra a bruciare una casa piena di libri, l’inquilina decide di resistere, di non fuggire, di morire insieme ai suoi volumi. Quasi meccanicamente, da quella casa Montag riesce a salvare qualche piccolo volume, lo nasconde sotto la giacca ignifuga e, tornato a casa, incomincerà per la prima volta a leggere. Se le parole di Clarisse sono il combustibile, la morte di questa donna è l’innesco che spinge Montag a far luce fino in fondo sulla sua vita e a ribellarsi di fronte all’ingiustizia del mondo in cui vive.
Questa violenza che, uccidendo la cultura, arriva a far male a chi la coltiva, i ragazzi la conoscono già e non è fantascienza. Solo una settimana fa abbiamo scritto con loro una lettera all’Ambasciata Iraniana per dire la nostra vicinanza a migliaia di bambine che, in quel Paese, sono state avvelenate a scuola, forse per farle desistere dallo studio. Il vero obiettivo non sono mai i libri, ma le menti.
Nel mondo di Fahrenheit 451, i libri sono diventati scomodi, perché «nessuno di quei libri è d’accordo con gli altri»; quando si è incominciato a bruciarli, lo si è fatto a fin di bene, per rendere le persone tranquille e serene, per evitare loro la complessità della vita, che non è mai univoca, è fatta di discussione, di alterco, di differenza. Lo Stato, allora, decide di sacrificare la felicità (che è una virtù complessa) a favore della serenità: niente più libri, niente più rischi di essere offesi, solo un lavoro frenetico e un altrettanto frenetico divertimento. Panem et circenses, dicevano i latini, è il segreto per governare le masse: la tecnologia si fa sempre più raffinata e i pensieri sempre più banali.
La chiave per il riscatto di Montag è in una frase di Faber, un anziano professore di lettere in pensione, che l’ex-pompiere va a cercare, perché gli faccia da guida. «Io non parlo di cose — dice Faber — io parlo del significato delle cose e so di essere vivo». Non sono le cose, né gli avvenimenti, né i temi ad essere vivi, ma il loro significato. Per uscire dalle maglie del sistema non bastano i libri, c’è bisogno del loro significato; non sapere tante cose, ma avere tante domande è la via della libertà. Non dei libri abbiamo bisogno, ma delle cose che ci sono scritte dentro. È tutto qui lo sforzo del nostro Centro di cultura: interrogarci insieme, farci domande. I libri sono la miccia, ma il fuoco dei nostri incontri è la vita di tutti i giorni, le domande che sappiamo trarre dai libri, il coraggio di porcele e di lasciarle aperte, quando le risposte non arrivano subito.
È proprio questo il grande finale di Fahrenheit 451: inseguito da tutti, Montag riesce finalmente a fuggire dalla città; perso per i boschi si accorge che non tutto è perduto. Altri, come lui, si sono svegliati, e, fuggiti da quel mondo in cui vivevano isolati nella folla, si possono finalmente incontrare davvero. Ciascuno di loro porta con sé una dote preziosa per l’altro: un libro, non stampato sulla carta, bensì impresso nella memoria. Ecco lì l’umanità nuova, da cui tutto può ripartire: «vagabondi fuori, biblioteche dentro». L’unico bene che nessuno ti potrà mai togliere — noi lo ripetiamo stesso ai ragazzi — è la tua cultura. Così, mentre il mondo va in rovina sull’orlo di una catastrofe nucleare, in quel gruppo sparuto di uomini diventati quasi delle copertine di libri, le gemme di una rinascita stanno già spuntando.