
DANZANDO CON LE API

IL FUTURO IN MOVIMENTO
LA CORSIA DI MEZZO

Credo che avesse ragione mio nonno quando diceva: come uno è, così guida!
Qualche minuto al volante è sufficiente a tracciare il profilo umano degli automobilisti che incrociano la nostra strada: ci sono gli aggressivi, i violenti, i furbi (detestabili), gli sbruffoni, i vendicativi; e poi i corretti, i magnanimi, i prudenti, i fluidi, i generosi, i pazienti, i previdenti; e poi i dubbiosi (pericolosissimi), gli imbranati, i distratti, gli insicuri (fra i quali saluto con affetto la vasta categoria di persone, per lo più donne, che guidano con disinvoltura in città ma, chissà perché, non guidano in autostrada; mi dispiace tantissimo per loro che si privano di uno straordinario senso di libertà…).
Tutti i comportamenti automobilistici mi pare possano essere raggruppati in tre categorie umane, dantescamente destinate ai tre regni dell’oltremondo: gli egoisti e ottusi all’inferno, gli altruisti e lungimiranti in paradiso, gli incerti in purgatorio.
Dal momento che la tecnica per portare un’automobile – azione alquanto diversa dal guidare – è, tutto sommato, semplice e alla portata davvero di tutti, è evidente che sia l’indole personale a determinare l’atteggiamento e l’abito dell’homo guidans: non riesco a non credere che lo stile di guida non sia metafora dello stile di vita di ognuno di noi.
Reduce da un lungo viaggio solitario in autostrada, foriero di riflessioni, mi vorrei soffermare su un girone di automobilisti verso i quali nutro da sempre una profonda antipatia e disistima: trattasi dei famigerati consumatori della corsia di mezzo. Il consumatore della corsia di mezzo, uomo o donna, ma per lo più uomo, è generalmente automobilista navigato che, a prescindere dall’automobile che porta, superato il casello, si piazza sulla corsia mediana per non staccarsene mai più, noncurante di tutto quanto gli capiti attorno: a velocità costante, verosimilmente dovuta all’inserimento del cruise control su un dato medio, costui macina chilometri su chilometri chiacchierando con il suo secondo, ascoltando la radio, guardando dal finestrino e aziona una sola volta la freccia destra, nel momento in cui, destandosi dal suo torpore, si accorge di essere giunto in prossimità del casello di uscita. Non gli importa che qualcuno, tempo fa, redigendo un sapiente codice stradale abbia stabilito che “salvo diversa segnalazione, quando una carreggiata è a due o più corsie per senso di marcia, si deve percorrere la corsia più libera a destra; la corsia o le corsie di sinistra sono riservate al sorpasso” (art. 143 comma 5); devono anche averglielo insegnato, ma è passato troppo tempo forse perché se ne ricordi. In un giorno festivo di traffico scarso, quando non circolano i camion, davanti a lui la strada è totalmente libera, così come meravigliosamente libera è la prima corsia a destra, quella che io prediligo, considerato anche il fatto che mi trovo per lo più al volante della mia Ypsilon rossa, modello elefantino che barrisce con me lungo deliziosi tragitti per lo più cittadini, ma talvolta anche autostradali. Per quanto elefantina, marcia con tenacia anche a buona velocità, sa superare con grinta, non si stanca mai. Ma, essendo piccola, sa di dover tenere un profilo basso, di non dover disturbare i grandi, né di intralciare le loro folli corse, né di intasare il grigio manto stradale. Andiamo serene, lei e io, per lo più al suono di immortali romanzi letti da suadenti voci impostate, quando, sul più bello, eccolo lì, il triste consumatore della corsia centrale che marcia pian piano con il vuoto attorno; guida una Cinquecento grigia, ma gli manca la modestia di stare fra i piccoli. Friggo nella tentazione di mantenere la mia serena andatura in prima corsia, superandolo da destra: sono quelli come lui che mi esasperano, inducendomi all’errore e alla violazione della legge e devo ricorrere a tutta la mia dirittura d’animo per non indulgere al comportamento errato che oltretutto, se scoperto, sottoporrebbe me e non l’eroe mediano al pagamento di stratosferica sanzione. E così ci costringe a frenare, a uscire una prima volta a sinistra nella sua scia, nel tentativo di indicargli l’opportunità di spostarsi a destra e poi, poiché tale tentativo regolarmente fallisce, a uscire ancora più in là, nella corsia dei grandi per dar vita al famigerato sorpasso.
Naturalmente arriva subito un grande cattivo che ci spara addosso i suoi cattivi abbaglianti, costringendoci a un’accelerata che all’elefantino costa un terzo del pieno di benzina! Di tutto questo, il navigatore del medio, con la sua Cinquecento grigia, non si accorge e prosegue e va, e che nessuno lo disturbi.
Passano pochi chilometri e un nuovo pilota del medio interviene a disturbare il nostro viaggio: questa volta guida una Audi, grande come una casa, ma gli manca la consapevolezza dei suoi mezzi e così il copione si ripete e il mio povero elefantino con audacia pattina da destra a sinistra e poi subito da sinistra a destra, azionando la freccia in uscita ma anche in rientro, caso mai a qualcuno venga l’idea di seguirlo in questa originale abitudine a occupare la corsia più libera a destra, che si srotola sempre più vuota come un nastro d’argento. Il faticoso e dispendioso pendolio si ripeterà cento volte in trecento chilometri di viaggio, mentre nella corsia mediana si susseguiranno veicoli di ogni genere, grandi e piccoli, deboli e potenti, perché non importa il mezzo, è l’indole dell’automobilista che porta il veicolo.
Come sempre quando scrivo, poco mi importa delle vittime cui rivolgo di volta in volta i miei strali, né mi reputo automobilista abile al punto di elargire lezioni di guida, ma molto mi importa di soffermarmi, a favore dei miei ragazzi, su un atteggiamento umano triste e dannoso: la corsia mediana, la via di mezzo, intesa – si badi bene — non come la oraziana aurea mediocritas che, di matrice epicurea, invita l’uomo a godere dei piaceri della vita senza abusarne e a non abbandonarsi mai agli eccessi. Questa bella connotazione del sostantivo mediocrità si è persa nella lingua italiana che gli riserva ora un valore dispregiativo, facendone un vizio piuttosto che una virtù. Il guidatore della corsia mediana potrebbe tendenzialmente essere un mediocre anche nella vita, ma la mia antipatia e disistima sono rivolte non al suo personale successo, quanto alla sua relazione con se stesso e con il resto del mondo.
Il pilota della corsia di mezzo non ha consapevolezza alcuna dei suoi mezzi: non avere consapevolezza di sé e del proprio valore è indice di scarsa cura del proprio animo e della propria mente e genera comportamenti dannosi per sé e fastidiosi per il prossimo. Ogni ragazzo deve crescere, ammaestrato nella capacità di non sopravvalutarsi e di non sottovalutarsi; di riconoscere l’opportunità del tempo: il tempo per correre e il tempo per andare piano, il tempo per pigiare sull’acceleratore della vita e il tempo per frenare; di riconoscere i talenti di cui è dotato naturalmente, i suoi punti di forza e i suoi punti di debolezza: allora diventerà un adulto equilibrato e sereno.
Il pilota della corsia di mezzo non sa leggere il contesto in cui si trova: non sapere leggere il proprio tempo e il proprio spazio è indice di ristrettezza mentale e incapacità critica. Ogni ragazzo deve crescere, alimentato nella virtù di guardarsi attorno e farsi domande, di cogliere il momento opportuno, scegliere l’abito e il comportamento adatti a ogni circostanza, decidere cosa giovi a sé e al prossimo in ogni contesto: allora diventerà un adulto consapevole e maturo.
Il pilota della corsia di mezzo non si occupa degli altri: non occuparsi degli altri è indice di un cuore selvaggio e buio. Ogni ragazzo deve crescere, spinto a non guardare a sé come a una monade, ma come alla parte di un tutto alla cui armonia deve contribuire in ogni momento; a rispettare le esigenze altrui a trattare gli altri come desidera essere trattato, a dare spazio a chi ha esigenze diverse dalle sue: allora diventerà un adulto generoso e altruista.
Il pilota della corsia di mezzo non ha alcun senso civico: non avere senso civico è indice di un animo gretto, indegno persino di un branco animale. Ogni ragazzo deve crescere, spronato a calarsi nella società, nelle sue regole e nei suoi valori; a riflettere sulla grandiosa osservazione manzoniana che “quanti, in qualsiasi modo, fanno torto ad altri sono rei non solo del male che commettono, ma delle ritorsioni e dei cattivi comportamenti a cui portano gli animi degli offesi”; a riconoscersi da subito come animale politico, cui spetta la cura dell’ambiente e della comunità umana: solo allora diventerà un adulto intelligente, cittadino capace di avanzare in modo degno su quel lungo nastro dell’esistenza che si srotola sotto i suoi piedi.
Forse al pilota della corsia centrale nessuno ha mai insegnato queste cose quando era ragazzo, o forse gliele hanno insegnate, ma non le ha mai prese sul serio e non se le ricorda, proprio come quell’articolo del codice stradale riguardo all’occupazione della corsia libera più a destra…